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Categoria: Numeri

Intelligenza artificiale: perchè in Italia la utilizza meno del 10% delle imprese?

“Le imprese hanno capito che l’Intelligenza artificiale è uno strumento imprescindibile per la competitività, ma le aziende che si sono già attrezzate sono ancora poche”. Lo afferma il presidente di Unioncamere, Andrea Prete 
Secondo i dati emersi da Selfi 4.0, i 40mila test di autodiagnosi della maturità digitale realizzati attraverso i Punti impresa digitale delle Camere di commercio, a oggi meno del 10% di aziende in Italia utilizza l’AI. E il 15% intende investire in questa tecnologia nei prossimi tre anni.

Nonostante il trend di progressiva acquisizione delle tecnologie 4.0 all’interno dei processi aziendali, resta il problema delle competenze dei lavoratori. Richieste lo scorso anno a più di 6 assunti su 10 e considerate difficili da trovare nel 45,6% dei casi.
In ogni caso, nel prossimo triennio il sistema produttivo nazionale compirà un ulteriore passo in avanti sul fronte della digitalizzazione.

Quali competenze sono più richieste?

Secondo il Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, ai 3,5 milioni di figure professionali ricercate nel 2023 dalle imprese dell’industria e dei servizi (63,4% del totale) è stato richiesto il possesso di capacità di utilizzare le tecnologie Internet.

A 2,8 milioni di profili invece erano richieste competenze specifiche sull’utilizzo di linguaggi e metodi matematici e informatici (50,6%). Oltre 2 milioni di assunzioni (37,1%) erano invece destinate a figure professionali in possesso di competenze di gestione di soluzioni innovative per l’applicazione ai processi aziendali di tecnologie digitali (robotiche, big analytics, IoT ecc).
E sono 1,8 milioni i profili professionali cui le imprese hanno richiesto, con importanza elevata, il possesso di almeno una delle tre competenze digitali sopra descritte.

I profili vacanti superano il 45%

La difficoltà di reperimento supera sempre il 45% per tutte e tre le tipologie di competenza digitale richiesta. 
Nel complesso, sono quasi un terzo del totale (32,1%) i profili professionali per i quali le competenze digitali sono considerate strategiche dalle imprese.

In generale, sono le professioni più qualificate quelle alle quali si richiedono maggiori competenze digitali e di un livello più avanzato.
A partire dai dirigenti, ai quali la capacità di utilizzare le tecnologie Internet è ricercata per il 96,6% delle entrate programmate, l’utilizzo di linguaggi e metodi matematici per il 94,8% e la gestione di processi innovativi per il 66,6%. 
La capacità di utilizzo delle tecnologie Internet è comunque richiesta anche a più delle metà delle professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi, agli operai specializzati e ai conduttori di impianti e operai di macchinari fissi e mobili.

Ingegneri elettrotecnici e dell’informazione i più difficili da reperire

Quasi il 40% delle professioni non qualificate, inoltre, deve essere in possesso della medesima competenza.
In ogni caso, ingegneri elettrotecnici e ingegneri dell’informazione sono i due profili più difficili da reperire quando si richiedono competenze nell’utilizzo di Internet e di linguaggi e metodi matematici e informatici.

Quanto alla capacità di gestire soluzioni innovative con le tecnologie 4.0, spiccano per difficoltà di reperimento ed elevato grado di importanza della competenza anche i tecnici delle costruzioni civili, gli elettrotecnici, i tecnici gestori di reti e di sistemi telematici.

Milano, Monza Brianza e Lodi: positivi i dati congiunturali di fine anno

I dati sulla congiuntura dell’industria relativi al quarto trimestre 2023, elaborati dal Servizio Studi Statistica e Programmazione della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, offrono una panoramica sulla situazione economica dell’area lombarda. Secondo l’analisi tendenziale, l’area metropolitana milanese ha registrato una leggera crescita del 0,4% nella produzione, superando il dato lombardo che ha segnato un calo dello 0,8% nell’arco di un anno. Considerando il fatturato, si nota un aumento del 1,6% a livello locale, in contrasto con una diminuzione del 0,4% a livello regionale rispetto al quarto trimestre 2022.

Milano

Per quanto riguarda il portafoglio ordini, la situazione è relativamente stabile rispetto al quarto trimestre dell’anno precedente, con una lieve diminuzione dello 0,1%, con la performance milanese migliore rispetto alla manifattura lombarda che ha registrato un calo del 1,2%. I mercati esteri milanesi hanno visto un leggero aumento del 0,4%, mentre la componente interna ha subito una riduzione del 0,5%.

Complessivamente, nel quarto trimestre 2023, a Milano si assiste a un lieve miglioramento congiunturale rispetto al trimestre precedente per la produzione industriale e il fatturato, con incrementi rispettivamente del 0,4% e del 0,5% in termini destagionalizzati. Questi dati sono simili a quelli lombardi per la produzione, ma il fatturato locale supera quello regionale.

Nel dettaglio, per gli ordini interni si registra una leggera diminuzione congiunturale, con una contrazione più marcata nell’industria milanese rispetto alla manifattura lombarda, rispettivamente -0,5% e +0,1% destagionalizzato. Per gli ordini esteri, la performance milanese mostra un lieve miglioramento rispetto al dato lombardo, con un aumento del 0,4% contro una diminuzione dello 0,1% destagionalizzato.

Monza e Brianza

Per Monza e Brianza, la capacità produttiva ha registrato una leggera diminuzione del 0,6% rispetto al quarto trimestre 2022, in miglioramento rispetto al dato lombardo che ha segnato un calo dell’0,8%. Per il fatturato, la diminuzione del 0,3% è in linea con il dato lombardo (-0,4%), mentre il portafoglio ordini mostra una riduzione leggermente migliorativa rispetto alla media lombarda (-0,7% contro -1,2%).

Dal punto di vista congiunturale nel quarto trimestre 2023, Monza e Brianza hanno registrato un leggero calo della produzione industriale destagionalizzato (-0,4%), ma con un aumento del fatturato destagionalizzato del 0,4%, e una diminuzione delle commesse esterne destagionalizzate dell’0,8%, insieme a una diminuzione del 0,5% delle commesse interne.

Lodi

A Lodi, nel quarto trimestre 2023 la produzione ha mostrato una tenuta con un aumento del 0,2% rispetto all’anno precedente, risultato migliore del dato lombardo (-0,8%). Il fatturato ha registrato un notevole recupero del 6,2% rispetto al quarto trimestre 2022, superando ampiamente il dato regionale (-0,4%). Gli ordini sono cresciuti del 6,2% in un anno, mentre il dato lombardo ha segnato un calo del 1,2%.

Dal punto di vista congiunturale, nel quarto trimestre 2023 a Lodi si è registrato un aumento della produzione industriale del 1% destagionalizzato, accompagnato da un incremento del fatturato destagionalizzato del 2,3%, e da un aumento delle commesse interne destagionalizzate del 3,1% e delle commesse esterne destagionalizzate dell’0,8%.

La digitalizzazione crea nuove professioni tecnologiche nell’industria

Quasi la metà delle aziende industriali (45%) ritiene che nei prossimi tre anni la digitalizzazione sarà lo stimolo principale per la creazione di nuovi profili professionali nell’ambito delle tecnologie operative (OT). Emerge dalla ricerca di Schneider Electric, che al contempo evidenzia la portata globale della ‘crisi dei talenti’ in ambito industriale.

Trovare le professionalità richieste è una sfida rilevante per oltre la metà degli intervistati (52%). Qual è, allora, la soluzione?
Secondo la ricerca, il 70% del campione ritiene che la digitalizzazione, oltre a creare posti di lavoro, aiuterà anche ad affrontare la carenza di personale qualificato. Ma mentre impazza la crisi dei talenti, gli ambienti di lavoro industriali stanno cambiando rapidamente

Sostenibilità e tecnologie evolute sono sempre più rilevanti

Se, oltre ad aumentare produttività ed efficienza, gli strumenti digitali possono rivelarsi utili anche per affrontare la sfida della mancanza di talenti, obiettivi di sostenibilità e tecnologie evolute come l’Intelligenza artificiale e i digital twin stanno diventando fattori sempre più rilevanti per la forza lavoro.

Inoltre, dalla ricerca emerge che la crescente esigenza di raggiungere obiettivi di sostenibilità sociale e sostenibilità ambientale renderà necessario ampliare le competenze delle figure professionali a oggi all’opera negli impianti. Questo, è vero rispettivamente per il 45% e 47% del campione.

Il futuro del lavoro nei ruoli operativi

Secondo i dati dello studio, oltre la metà degli intervistati (52%) considera l’acquisizione di talenti e la capacità di trattenerli in azienda un problema che si può superare. Inoltre, tre su cinque (60%) ritengono che i ruoli OT cambieranno nei prossimi tre anni, moderatamente per il 41% del campione, oppure significativamente per il 19%.

Sempre nei prossimi tre anni, la grande maggioranza (73%) ritiene poi che la digitalizzazione cambierà in modo sostanziale la natura del lavoro. E il 31% ritiene che i profili professionali maggiormente rafforzati o ampliati a causa della digitalizzazione saranno quelli legati al controllo di qualità.

Priorità agli investimenti nell’area dati

Nel prossimo triennio saranno necessarie nuove competenze in aree come programmazione e integrazione robotica, settore in cui il 49% del campione sostiene di non avere sufficienti competenze, e in aree come l’elaborazione, visualizzazione e analisi dei dati, nelle quali il 30% non si ritiene competente.
In generale, le aziende interpellate affermano di dare priorità agli investimenti nell’area dati. Programmazione e integrazione robotica sono infatti indicate come priorità di livello medio da quasi la metà del campione.

 “Ottimizzare le figure professionali di area operative e ampliarne le competenze è una vera opportunità per queste aziende – commenta Ali Haj Fraj, Senior Vice President, Digital Factory, Industrial Automation di Schneider Electric -. Riducendo il tempo che devono dedicare a compiti ‘amministrativi’ e aiutando le persone a esprimere meglio tutto il loro potenziale possiamo risolvere molti dei problemi attuali e aiutare a creare un futuro più sostenibile”. 

Come sarà il 2024 secondo le PMI europee?

Nel corso del 2023, la stragrande maggioranza delle PMI europee ha superato le aspettative, con il 71% degli intervistati che ha dichiarato prestazioni aziendali migliori o molto migliori rispetto alle previsioni. In Italia, il 63% degli intervistati ha riferito di risultati superiori alle aspettative per il 2023, mentre la percentuale è del 68% in Francia, del 78% in Germania e del 75% in Spagna. Lo rivela il primo rapporto sullo stato delle piccole e medie imprese (PMI) europee nel 2023 realizzato da Qonto, azienda leader nella gestione finanziaria aziendale in Europa, con la società di ricerca di mercato Appinio. Il sondaggio ha coinvolto 2.000 dirigenti aziendali e responsabili finanziari in Francia, Germania, Italia e Spagna.

Inflazione e situazione geopolitica i problemi che ostacolano la crescita 

Tuttavia, nonostante il successo complessivo, il contesto macroeconomico presenta ancora incertezze, principalmente legate all’inflazione e agli eventi geopolitici. Nel 2024, le PMI europee concentreranno la loro attenzione sullo sviluppo tecnologico e sull’acquisizione di nuovi clienti come priorità principali. L’inflazione è stata identificata come la principale sfida alla crescita, seguita dalla mancanza di domanda e dagli eventi geopolitici.
Le PMI tedesche sono state particolarmente colpite, con il 68% che cita l’inflazione come ostacolo principale. In Italia e Francia, almeno il 50% delle aziende individua l’inflazione come una sfida. Oltre all’inflazione, il 57% delle PMI ha identificato la mancanza di richiesta come una delle principali sfide, mentre quasi un terzo ha menzionato eventi geopolitici. 

Le criticità a livello locale

Le specificità locali includono la preoccupazione per la concorrenza in Italia (38%) e in Francia (28%), mentre la mancata digitalizzazione è ancora rilevante in Italia (15%) e in Germania (16%). In Germania, la carenza di talenti è stata identificata dal 42% come uno dei principali ostacoli, rispetto al 6% in Spagna. La mancanza di finanziamenti è stata un problema significativo in Spagna, con il 39% degli intervistati che la considera una sfida.

Nonostante le sfide, però, l’ottimismo per il 2024 è elevato, con l’85% degli intervistati italiani che si dichiara positivo sulla crescita dei ricavi. La maggior parte delle PMI prevede di investire in tecnologia e digitalizzazione nel 2024, con un particolare focus su nuove soluzioni digitali in Germania e Italia.

Interesse per le nuove tecnologie e la sostenibilità

Le PMI europee mostrano un forte interesse verso l’adozione di nuove tecnologie come intelligenza artificiale (AI), fintech e Internet delle cose (IoT). Tuttavia, vi è un’incertezza maggiore nei confronti di tecnologie come criptovalute, realtà virtuale (VR) e metaverso.

Riguardo alla sostenibilità, il 52% delle PMI ha dichiarato di lavorare attivamente per ridurre l’impatto ambientale, mentre l’imprenditorialità è considerata un’opzione di carriera attraente per i decision maker europei, con l’86% degli intervistati italiani interessato a lanciare la propria attività.

La qualità della vita nei comuni italiani: Udine in testa, Foggia maglia nera

Emerge dalla 34esima edizione dell’indagine sulla Qualità della vita del Sole 24 Ore: Udine è la città italiana dove si vive meglio, mentre Foggia (107°) dopo dodici anni veste nuovamente la maglia nera.
È la prima volta che la provincia di Udine conquista il podio tra i territori più vivibili, ed entra nella storia della classifica che misura il benessere della popolazione italiana.

Roma perde quattro posizioni e scende al 35° posto. Sono, invece, confermati il 2° e il 3° posto, rispettivamente, di Bologna, vincitrice dell’edizione 2022 e sempre in testa nella categoria Demografia, salute e società, e Trento, prima nell’Indice della sportività e di Ecosistema Urbano 2023.

Trieste e Bolzano fuori dalla Top 10

Sotto il podio, la provincia di Aosta (4°), mentre Bergamo, quest’anno capitale della cultura insieme a Brescia, sale al 5° e conquista il primato per Ambiente e servizi. Firenze, dopo aver occupato il podio nel 2022, quest’anno è 6a, e Modena, 7a.
Si conferma nella Top 10 anche Milano (8°), stabile rispetto allo scorso anno e prima nella categoria Affari e lavoro, mentre Monza e Brianza conquista 14 posizioni (9°) e il primato nella categoria Ricchezza e consumi.

A chiudere la Top 10, Verona, che l’aveva presidiata nel 2020 e nel 2021. Si notano le assenze di Trieste e Bolzano, scese rispettivamente in 12a e 13a posizione.

Non mancano le novità

Anche in questa edizione si concentra nel Mezzogiorno la seconda metà della graduatoria, con l’unica eccezione di Cagliari al 23° posto.
Non mancano però le novità. Se tra le ultime cinque classificate arrivano anche Siracusa (104°, -14 posizioni) e Napoli (105°, – 7 posizioni) restano sostanzialmente immobili le altre grandi aree metropolitane, quasi incapaci di ripartire dopo la pressione generata da emergenze e shock economici.

Mentre Bologna, Milano e Firenze cercano di non perdere di vista la Top 10 e i loro primati, Venezia è 34a (-12), Torino 36°, e Genova 47a, in calo di 20 posizioni.
È un’edizione, quella di quest’anno, che dà ampio spazio alle disuguaglianze sul territorio. Pandemia, emergenze climatiche, contesto internazionale aggravato dalle guerre, shock energetico e inflazione hanno esacerbato la distanza tra le città più vivibili e quelle meno.

Tra i 90 indicatori statistici anche l’indice della solitudine

I 90 indicatori statistici alla base dell’indagine, riferisce AGI, di cui 46 aggiornati al 2022 e 36 al 2023, presentano una serie di novità inserite per stare al passo con i cambiamenti sociali: l’indice dei progetti finanziati dal PNRR, l’indice della solitudine, le farmacie, le famiglie con Isee sotto 7mila euro, il gender pay gap, consumo di farmaci contro l’obesità, lavoratori domestici e l’aumento delle temperature.

Dieci gli indici sintetici che aggregano più parametri, da Qualità della vita di giovani, bambini e anziani a Qualità della vita delle donne, da Ecosistema urbano a Indice della criminalità, Indice di sportività, Indice del clima fino all’ICity Rank sulle città digitali, composto da Amministrazioni digitali e Città aperte.

Terzo trimestre 2023, stabile la richiesta di credito delle imprese

Nel terzo trimestre del 2023, la domanda di credito presentata dalle imprese italiane è rimasta stabile, registrando solo una leggera variazione positiva dello 0,1% rispetto allo stesso periodo del 2022.
L’importo medio richiesto è rimasto quasi invariato, con una diminuzione marginale dello 0,5% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un totale di 125.404 Euro (Fonte: Sistema di Informazioni Creditizie EURISC).

Importo medio, leggera flessione per le imprese individuali 

Se analizziamo il tipo di imprese, anche in questo caso, non sono emerse variazioni significative nella domanda di credito. Le società di capitali hanno registrato una modesta diminuzione dello 0,2%, mentre le imprese individuali hanno registrato un leggero aumento dello 0,6%.
Dopo due trimestri consecutivi di crescita significativa dell’importo medio richiesto, si è verificato un rallentamento per le imprese individuali, con una diminuzione del 4,7% (35.334 Euro), mentre per le società di capitali la variazione è stata minima, con un aumento dello 0,1% (167.035 Euro).

Soprattutto prudenza

L’andamento delle richieste di credito da parte delle imprese italiane riflette un persistente atteggiamento di prudenza nei confronti degli investimenti. Molte imprese preferiscono utilizzare le loro riserve per coprire le spese correnti e ritardano i piani di investimento a lungo termine.
Tuttavia, va notato che c’è una domanda latente che emerge dall’osservatorio ESG Outlook, che indica che quasi il 60% delle imprese presenta livelli medio-bassi di adeguatezza ESG. Ciò suggerisce che le istituzioni finanziarie dovranno concentrarsi su questa leva per soddisfare le esigenze delle imprese di raggiungere i livelli ESG richiesti dall’Europa, spingendo così verso investimenti sostenibili.

Le richieste? Si dividono fra fino a 5.000 euro e superiori a 50.000 euro

Nel contesto della classe di importo delle richieste di credito delle imprese, la distribuzione rimane stabile, con una forte domanda per piccoli importi, entro i 5.000 Euro (30,7%), e per importi superiori a 50.000 Euro (28,4%).

Nonostante i significativi cambiamenti macroeconomici degli ultimi anni, la distribuzione della domanda di credito per settore non ha subito variazioni significative. I settori più richiedenti rimangono i Servizi (25,6%), il Commercio (23,1%) e le Costruzioni (17,3%), mantenendo le loro posizioni di primo piano.

Dispositivi indossabili, la domanda cresce del 6% nel secondo trimestre

Il mercato dei dispositivi indossabili, compresi gli smartwatch e le smartband, ha registrato una crescita del 6% nel secondo trimestre dell’anno. L’exploit in positivo è stato registrato nel periodo aprile -giugno 2023: lo rivelano gli ultimi dati forniti dall’agenzia Canalys, specializzata nelle analisi di mercato.

Alle spalle sei mesi di trend negativo

Dopo sei mesi di tendenze negative, questo settore sta finalmente riprendendo slancio grazie alla crescente domanda dei consumatori. Jack Leathem, analista di ricerca presso Canalys, ha sottolineato che la richiesta sta aumentando in vari segmenti, portando i fornitori a rispondere in modo adeguato alle esigenze specifiche dei clienti.
Tra le categorie di dispositivi indossabili, quella degli orologi economici ha registrato la crescita più significativa, in particolare i prodotti di marchi come Huawei, Xiaomi e Huami. In alcuni paesi, come l’India, questa tipologia di prodotti ha addirittura registrato una crescita del 73% rispetto all’anno precedente. 

Gli smartwatch economici i più gettonati

Nel complesso, la categoria degli “indossabili” è suddivisa nel seguente modo: il 37% degli smartwatch, come ad esempio l’Apple Watch, il 44% per gli smartwatch economici e il 19% per le smartband, i braccialetti principalmente progettati per monitorare l’attività fisica e visualizzare notifiche con limitate interazioni.

Apple mantiene la leadership

Per quanto riguarda i marchi, Apple mantiene la sua posizione di leadership con una quota di mercato del 18%, nonostante una leggera diminuzione del 3% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Apple ha spedito complessivamente 8,1 milioni di dispositivi. Al secondo posto si trova Xiaomi con una quota del 11% e 4,8 milioni di unità spedite, seguita da Huawei che ha registrato una crescita del 13% in un anno e ora detiene il 10% di quota di mercato con 4,3 milioni di unità spedite. Chiudono la classifica Noise con un impressionante aumento del 93% e Fire-Boltt con un incremento dell’86%, con quote di mercato rispettivamente dell’8% e del 7%. Secondo Canalys, Samsung si trova fuori dalle prime cinque posizioni con una quota di mercato inferiore al 7%.

Competizione serrata fra brand

In conclusione, il mercato dei dispositivi indossabili sta vivendo un momento di ripresa, trainato dalla crescente domanda dei consumatori e dalla varietà di prodotti offerti dai principali marchi. La competizione rimane accesa, con nuove opportunità di crescita e innovazioni nel settore che stanno contribuendo a plasmare il futuro di questa categoria di dispositivi.

Cyber insurance: nel 2023 aumentano gli attacchi, ma polizze meno care

La conferma arriva dal terzo rapporto annuale sugli andamenti della cyber insurance del broker internazionale Howden, intitolato Coming of Age: la prima metà dell’anno evidenzia un aumento significativo degli attacchi ransomware, la cui frequenza è aumentata di quasi il 50% rispetto al corrispondente periodo del 2022. Il rapporto non ha però ravvisato un corrispondente aumento dei sinistri. Questo, grazie a una maggiore efficacia globale nella gestione del rischio ransomware, al miglioramento della resilienza delle aziende e alla stabilizzazione del mercato assicurativo cyber. Tanto che nel 2023 gli assicurati contro i cyber attacchi che hanno attuato le corrette misure di prevenzione e mitigazione del rischio vengono premiati con prezzi e condizioni più favorevoli.

Non solo opportunità di business, ma dovere sociale

Il rapporto mostra tuttavia che è necessario fare di più se si vuole soddisfare la crescente domanda dei clienti in tutto il mondo.
“Ci siamo messi immediatamente a disposizione degli imprenditori italiani per supportarli nella prevenzione e gestione di una pandemia cyber già in atto – commenta Federico Casini, CEO Howden Italia -. Non si tratta solo di un’opportunità di business, ma di un dovere sociale che ogni assicuratore deve avere per non fermare lo sviluppo dell’economia e sostenere anche l’internazionalizzazione delle imprese”.

Un mercato da 50 miliardi di dollari entro il 2030

Dopo un’importante correzione del mercato assicurativo a seguito dell’impennata dei sinistri derivanti da eventi ransomware nel 2020 e 2021, che ha fatto più che raddoppiare il costo delle polizze, le condizioni hanno iniziato a stabilizzarsi. Questo, grazie soprattutto a controlli del rischio più efficaci, che hanno scoraggiato o mitigato gli attacchi. Howden prevede che le dimensioni del mercato cyber globale potrebbero raggiungere 50 miliardi di dollari entro il 2030. La realizzazione di questo potenziale è legata però a tre fattori: la distribuzione in nuovi settori, la gestione del tail risk (il rischio di un evento molto raro ma che va considerato e calcolato) e l’attrazione di nuovi capitali.
Se queste sfide saranno affrontate con successo, il mercato si troverà all’inizio di un periodo di crescita in grado di determinare grandi cambiamenti.

Le aziende italiane sono più cyber resilienti

Ma il cyber crime raramente si ferma. Gli sviluppi per il 2023, riporta Italpress, indicano un mercato ricco di sfumature, caratterizzato sia dall’ottimismo di dinamiche di offerta più favorevoli per gli acquirenti di polizze, sia dall’incremento di attacchi ransomware e truffe, dalle preoccupazioni per le potenziali perdite sistemiche e dall’insufficiente disponibilità di capitale.
 “L’epidemia ransomware che ha colpito l’Europa a partire dal 2019 ha particolarmente interessato il nostro Paese, che ha assunto purtroppo il primato per numero di attacchi di questo tipo nel 2022 – commenta Roberto Panzeri, Head of Financial Lines Howden Italia -. Ciò a cui stiamo assistendo in questi primi sei mesi del 2023 è una sorta di stabilizzazione del fenomeno in termini di severità dei ransomware, anche grazie ai miglioramenti del livello di resilienza cyber raggiunto dalle aziende italiane, dalle big corporation alle Pmi”.

Quasi 9 milioni di italiani non andranno in vacanza

Tra chi ancora è indeciso e chi già è sicuro di non fare le valigie, sono quasi 9 milioni gli italiani che come motivo delle mancate ferie indicano che non se le possono permettere economicamente.
Secondo l’indagine commissionata da Facile.it all’istituto di ricerca EMG Different, sono soprattutto gli appartenenti alla fascia anagrafica 35-44 anni. Tra loro, il 64,3% (1,6 milioni) resterà a casa per motivi economici. A livello territoriale, invece, sono gli abitanti del Sud Italia (59,1%) e delle Isole (60%) coloro che in percentuale rinunceranno in misura maggiore alla partenza a causa di difficoltà economiche.

Le ragioni di chi non parte

Per il 59,5% di chi non partirà per ragioni economiche (oltre 5 milioni) a incidere è l’aumento generalizzato dei prezzi. Dato che raggiunge il 69,4% tra i 45-54enni. In pratica, quasi 7 italiani su 10 in questa fascia di età rinunceranno alle vacanze perché in difficoltà.
Il 35,8% di chi resterà a casa per ragioni economiche rinuncerà a causa degli incrementi dei costi legati al viaggio, soprattutto i giovani. Più di uno su 2 (53,8%) appartenente alla fascia 18-24 anni ha dato questa motivazione. Il 26,4%, poi, si trova in una situazione di difficoltà economica a causa di un imprevisto (33,3% tra i 25-34enni e gli abitanti del Nord Est e delle Isole), mentre il 22,3% a seguito della perdita del proprio lavoro o di un membro della famiglia. La percentuale è più alta nel Nord Ovest (35,3%) e al 36,8% per gli intervistati di età compresa tra 55-64 anni.

Non solo motivi economici

Oltre alle motivazioni economiche, sono anche altre le ragioni per cui tanti italiani non si concederanno una vacanza. Il 17,2% (2,9 milioni) andrà in vacanza durante un altro periodo dell’anno, percentuale che sale al 19,4% tra i 25-34enni e al 23,3% tra i residenti nel Nord Est, arrivando al 32,7% per gli appartenenti alla fascia anagrafica 65-74 anni.
Il 12%, invece, non avrà ferie, soprattutto i più giovani (18,2% 18-24enni e 27,8% 25-34enni), mentre l’11% non potrà partire perché deve accudire persone anziane. In questo caso sono principalmente coloro di età compresa tra 55-64 anni (19,7%). Il 9,5%, poi, non partirà per curare il proprio animale (13,3% tra i 45-54 anni e 14,3% nelle Isole). Ma sono più di 400mila coloro che staranno a casa per paura di contrarre il Covid.

L’identikit di chi starà a casa

Se a livello nazionale la percentuale di chi quest’anno sicuramente non partirà per le vacanze estive è pari al 16,9%, il dato arriva al 19,1% tra chi ha un’età compresa tra 45-54 anni, mentre a livello territoriale sono gli abitanti del Centro Italia (21%) coloro che rinunceranno in misura maggiore alle ferie. Tra coloro che non sanno ancora se partiranno o meno, oltre 9,3 milioni di connazionali (22%), i più indecisi sono i 65-74enni (27,2%) e i residenti nelle Isole, dove la percentuale raggiunge il 26%.

e-commerce B2b: nel 2022 vale 468 miliardi, ma digitalizzazione in stallo

Nonostante un livello di adozione mediamente alto delle tecnologie per le transazioni digitali, la penetrazione dell’e-commerce B2b in Italia risulta ancora bassa, con appena un ordine su cinque scambiato tramite strumenti digitali. Secondo i dati dell’Osservatorio Digital B2b della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2022 il valore dell’e-commerce B2b in Italia è pari a 468 miliardi di euro, in crescita del 3% rispetto al 2021. L’incidenza sul totale del transato B2b italiano però è ferma al 21%, e per la prima volta dal 2015 rimane stabile rispetto all’anno precedente, suggerendo l’inizio di una fase di consolidamento degli investimenti nel digitale realizzati durante la pandemia.

Ciclo dell’ordine e processi amministrativo-contabili

Poiché ne ha introdotto l’obbligo generalizzato, l’Italia vanta un primato europeo nella fatturazione elettronica, ma resta da completare l’ultimo tassello per la digitalizzazione del ciclo dell’ordine: quello della fase di consegna, ancora ferma al palo. Oggi solamente il 34% delle imprese italiane emette Documenti di Trasporto digitali, e solo una su quattro li riceve.
Tra i processi amministrativo-contabili, invece, le attività interne sono le più digitalizzate: il 65% delle imprese possiede un software gestionale ERP, il 60% certificati di firma informatica, il 53% software di conservazione digitale e sempre il 53% software per la gestione elettronica documentale. Ma a spingere verso il basso la digitalizzazione sono le Pmi, che registrano una diffusione inferiore del -24% rispetto alle grandi imprese.

Vendita e integrazione tra aziende 

“Il paniere di tecnologie a disposizione delle imprese è sempre più ampio e con logiche sempre più vicine a quelle B2c, ma la penetrazione dell’e-commerce B2b è ancora troppo bassa – commenta Paola Olivares, direttrice dell’Osservatorio -. E il principale ostacolo alla digitalizzazione è spesso culturale”.
Tra le tecnologie digitali per la vendita, il 17% delle imprese possiede un Portale B2b, l’11% adotta piattaforme B2b, il 18% ha un sito proprio B2b, e il 6% utilizza Marketplace B2b, utilizzati principalmente per vendere prodotti, ma anche come vetrina dell’offerta.
Tra le tecnologie che abilitano l’integrazione tra aziende, nel 2022 23.700 imprese italiane utilizzano l’EDI (Electronic Data Interchange, +13% rispetto 2021), per 135 milioni di documenti scambiati (+2%), tra ordini, conferme d’ordine, avvisi di spedizione e fatture.

Processi interni e firma informatica

Nella digitalizzazione dei processi interni, aumentano la diffusione delle firme informatiche, utilizzate ormai da quasi la metà delle imprese italiane per firmare contratti e fatture elettroniche. Sono oltre 29 milioni i certificati di firma attivi rilasciati ad aziende e privati (+0,4% rispetto 2021), e aumentano gli utilizzi effettivi. La firma informatica è uno dei servizi fiduciari normati in eIDAS insieme a sigilli elettronici, servizi di recapito certificato, time stamping e certificati di autenticazione (TLS) per siti web.
La sinergia tra questi servizi è sempre più forte: si contano 225 fornitori qualificati di servizi fiduciari (QTSP) in Europa, di cui 20 in Italia, terzo Paese dietro a Spagna (48 QTSP) e Francia (29).