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Imprese femminili: in Italia sono solo il 22%

A febbraio 2022 le imprese femminili sono 1.381.987, ma rappresentano solo il 22% delle imprese italiane. Il 76% è una Ditta Individuale, il 15% è una Società di Capitale, l’8% Società di Persone e un 1% è rappresentato da Associazioni iscritte in CCIAA (enti, fondazioni e società anonime). Quanto all’incidenza delle imprese femminili rispetto al totale delle imprese, le forme giuridiche con la quota più alta sono Società di persone (27%) e Ditte Individuali (26%). Si tratta di alcune evidenze emerse dall’analisi di CRIF condotta per comprendere lo stato dell’arte dell’imprenditoria femminile in Italia e quali sono le potenzialità messe a disposizione dal PNRR.
“In questa direzione va il decreto del 24 novembre 2021 che ha integrato le risorse a sostegno con i 400 milioni di euro previsti dall’investimento 1.2 ‘Creazione di imprese femminili’ dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, commenta Gaia Cioci, Senior Director di CRIF. 

La presenza ‘rosa’ nei diversi settori

Analizzando l’incidenza di imprese femminili nei vari settori economici, lo studio di CRIF presenta una situazione estremamente variegata. In dettaglio, il 40% delle imprese che operano nel settore dei lavori domestici è femminile, così come il 38% di quelle attive nella sanità, mentre quasi 1 impresa su 3 è femminile nei servizi di alloggio e ristorazione e di istruzione. Seguono, per incidenza, i settori agricoltura, attività immobiliare, noleggio e agenzie di viaggio e attività artistiche. L’attività manifatturiera e i servizi di informazione e comunicazione sono riconducibili nel 18% dei casi a imprese femminili. Alcuni settori rimangono però ancora appannaggio quasi totale di imprese maschili, come nel caso dell’estrazione di minerali, fornitura di energia elettrica, fornitura di acqua e costruzioni.

La distribuzione sul territorio

L’analisi territoriale mostra una distribuzione sufficientemente equilibrata tra tutte le regioni del Paese.
Quelle con la maggiore concentrazione di imprese femminili sono Basilicata, Molise, Umbria, con un’incidenza del 25% sul totale, seguite da Abruzzo, Calabria, Liguria, Sicilia e Valle d’Aosta con il 24%. Lombardia e Trentino Alto Adige registrano invece solo il 19% di imprese “rosa”, pur essendo regioni a elevata imprenditorialità. Discorso analogo per il Veneto, con il 20% di imprese femminili.

Digital attitude e investimenti previsti dal PNRR

L’investimento 1.2 dedicato alla Creazione di imprese femminili previsto dal PNRR si prefigge di sostenere la realizzazione di progetti aziendali innovativi per imprese già costituite e operanti a conduzione femminile, o prevalente partecipazione femminile, quali, ad esempio, la digitalizzazione delle linee di produzione o il passaggio all’energia verde. Per fotografare lo stato dell’arte CRIF ha sviluppato algoritmi basati sull’AI in grado di misurare il livello di digital attitude delle imprese, integrati all’interno della piattaforma proprietaria di marketing intelligence. Nello specifico, dal profiling delle imprese femminili emerge che l’88% di queste si caratterizza per una bassa digitalizzazione, contro un 61% della media nazionale. Inoltre, nelle fasce con livello medio-alto e alto di digitalizzazione ricade solo il 5% di imprese femminili, contro un 16,7% delle imprese totali.