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Categoria: Lo sapevi che…

Italia fra i 5 Paesi più colpiti da ransomware: nel 2022, 28mila incidenti

A livello globale, l’Italia rientra nella lista dei 5 Paesi più targettizzati da attacchi ransomware, preceduta solamente da Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Germania. Il 2023 Y-Report di Yarix l’anno scorso ha rilevato 28.493 incidenti di sicurezza di gravità media, alta e critica, con un incremento significativo nell’ultimo trimestre dell’anno. Una conseguenza delle numerose vulnerabilità critiche emerse sugli applicativi di largo consumo. Dei 175.045 eventi di sicurezza intercettati, Gdo (12%) e Moda (11%) rappresentano i comparti più colpiti, insieme al sistema bancario e finanziario (10%) e all’Industria Chimica (9%). Manufacturing (23%), industria dei Servizi (14%), Food and Beverage (11%) sono invece risultati i settori più esposti a incidenti con un livello di gravità ‘alto’ o ‘critico’.

Obiettivi privilegiati: commercio, finanza ed edilizia

L’Italia spicca quindi per l’incidenza di ransomware, uno dei maggiori fattori di rischio per la sicurezza delle aziende e del sistema Paese. Lockbit, insieme ad AlphV/BlackCat e Hive, resta tra i gruppi più attivi. Tra gli obiettivi privilegiati dei gruppi ransomware svettano le Strutture commerciali, davanti ai Servizi Finanziari, l’Industria Edile, il Legal & Business e il Retail & ingrosso.

Infostealer: siamo al 5° posto in Europa perr credenziali esfiltrate

Tra le novità dell’anno, Yarix segnala la nascita di 38 nuove ransomware gang costituite nel 2022, e sempre più abili nel non lasciare tracce, rendendo più complessa l’identificazione del punto d’ingresso degli attaccanti, e dunque della vulnerabilità. In crescita, inoltre, la complessità delle tecniche, tattiche e procedure (TTP) utilizzate. Guardando agli infostealer, software malevoli atti al furto di dati, l’Italia si posiziona nella top 20 mondiale, e al 5° posto a livello europeo per credenziali esfiltrate, preceduta da Polonia, Francia, Germania, Spagna.

Crescono gli affiliati ai gruppi criminali

Tra le tendenze che hanno caratterizzato le attività dei gruppi criminali nel 2022, Yarix evidenzia come alcuni gruppi ransomware abbiano bandito il settore sanitario dai loro obiettivi. Inoltre, numerose famiglie ransomware sono state aggiornate per rendere i gruppi ransomware ancora più aggressivi ed efficaci nel colpire le grandi aziende.
E ancora, sono in aumento i servizi di tipo RaaS, e crescono gli affiliati ai gruppi criminali, oltre a crescere la tendenza di rendere note le chat tra i gruppi cyber criminali e le loro vittime, per aumentare la pressione durante il processo di negoziazione.
In crescita anche i programmi fedeltà dei gruppi criminali. Nel 2022 LockBit ha messo in palio 1 milione di dollari in cambio di segnalazioni su vulnerabilità, o semplicemente per ricevere idee su come migliorare il proprio business model.

Il Gender Gap è (anche) una questione digitale

In quest’epoca di iperconnessione un terzo della popolazione mondiale non ha ancora accesso a internet. Come emerge dal Global Connectivity Report 2022 del World Economic Forum, nello scorso anno 2,9 miliardi di persone non hanno avuto accesso a internet, e ancora oggi milioni di utenti possono avvalersi solo di servizi di connessione costosi o scadenti. Una disuguaglianza, questa, che ha origini socio-demografiche. Nei paesi a basso reddito l’utilizzo di internet è pari al 22%, contro il 91% dei paesi con alto reddito. Non solo, la percentuale cambia anche in relazione al sesso: infatti il 62% degli uomini utilizza internet, contro il 57% delle donne. E proprio questo dato apre una riflessione sul Digital Gender Gap.

Disuguaglianza sul lavoro

Secondo il Gender Gap Report 2022 del World Economic Forum l’Italia si trova in fondo alla classifica europea per il tasso di partecipazione femminile al mondo del lavoro, l’equità retributiva e il reddito da lavoro, nonché per la presenza di donne tra alti dirigenti e professioni ad alta specializzazione. Le donne risultano essere sfavorite anche nelle carriere digitali, contesto in cui ricoprono meno posizioni degli uomini e subiscono un gender pay gap del 21%. Inoltre, una donna su due che lavora nel settore tecnologico dichiara di aver subito molestie sul posto di lavoro.

Educazione e pregiudizio

L’origine di questa povertà digitale è da imputare a un’immagine stereotipata che vede la donna distante da un percorso di formazione orientato alle nuove tecnologie. Le donne più colpite sono quelle che vivono in situazioni di fragilità, presentano una bassa alfabetizzazione e un basso reddito. Fattori che rendono più difficile l’accesso agli strumenti tecnologici, scoraggiando l’empowerment femminile e l’acquisizione di competenze digitali. Le statistiche affermano che le donne hanno una probabilità del 18% in meno, rispetto agli uomini, di possedere uno smartphone, e ancora inferiore di utilizzare internet.

Il divario ICT acuisce le disuguaglianze di genere

In una società competitiva e globalizzata come la nostra, il digitale è una risorsa imprescindibile per lo sviluppo e l’innovazione. Il divario ICT acuisce significativamente le disuguaglianze di genere, impattando sulle opportunità professionali e la progressione di carriera delle donne. Il primo passo, necessario e decisivo, per raggiungere la parità di genere è colmare il digital gap, così da garantire l’inclusione e le pari opportunità. C’è ancora tanta strada da percorrere, ma la rivoluzione socio-culturale è già in atto. Per appianare le disparità è importante che il percorso di innovazione tecnologica tenga conto dei principi di inclusione e parità. È necessario che le donne diventino protagoniste attive e proattive di questo cambiamento, entrando nei processi di progettazione, sviluppo e diffusione della tecnologia.

DL Milleproroghe 2023: le novità in arrivo

Il DL Milleproroghe 2023, con oltre 350 nuove scadenze si avvia a ricevere il voto di fiducia della Camera, pena la decadenza del provvedimento. Tra le novità in arrivo, lo stralcio mini-cartelle, prorogato al 31 marzo, termine ultimo per decidere se aderire o meno allo stralcio delle mini-cartelle 2000-2015 di importo fino a 1000 euro. Per il Cashback, introdotto dal governo Conte per contrastare l’evasione fiscale, le norme estendono al 31 luglio 2023 la scadenza per comunicare Iban e dati finanziari corretti, o promuovere controversie, per i 43mila cittadini interessati dai rimborsi mediante PagoPa del premio per la partecipazione al concorso Cashback. 

Balneari, smart working, contratti in somministrazione, dehors, tifosi

Approvata la proroga delle concessioni balneari fino al 31 dicembre 2024. In caso di impedimenti oggettivi all’espletamento delle gare le attuali concessioni resterebbero valide fino a tutto il 2025.
Via libera poi allo smart working fino al 30 giugno per lavoratori fragili e genitori con figli sotto i 14 anni del settore privato. Nel settore pubblico, invece, la possibilità del lavoro da casa vale solo per i ‘fragili’. Inoltre, estesa fino al 2025 la possibilità di ricorrere ai contratti di somministrazione anche oltre i 24 mesi previsti, ed estesa per tutto il 2023 anche la norma sui dehors liberi per bar e ristoranti.
Slitta invece al primo luglio 2024 l’attivazione della consulta dei tifosi nelle società sportive professionistiche.

Mutui giovani, Fondo nuove competenze, case occupate, Imprese 4.0

Prorogata al 30 giugno 2023 la data entro la quale le giovani coppie con Isee fino a 40mila euro possono richiedere mutui agevolati per l’acquisto della prima casa, mentre il Fondo nuove competenze è prorogato fino al 31 dicembre 2023 per compensare il mancato guadagno delle imprese che optano per la formazione del personale. Prorogato inoltre a tutto il 2023 il fondo di solidarietà per il contributo ai proprietari di case occupate abusivamente, mentre viene prorogato al novembre 2023 il termine di consegna dei beni strumentali interessati dal bonus sugli investimenti in tech e digitale del piano Transizione 4.0.

Ricetta elettronica, pensione medici di famiglia, diritti TV, Superbonus villette

Viene prorogato fino al 31 dicembre 2024 l’uso della ricetta elettronica nella sanità, e viene estesa fino a 72 anni, dai precedenti 70 anni, la possibilità di ritiro dal lavoro per medici di famiglia e pediatri convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. Niente da fare invece per le norme più stringenti sulle plusvalenze fittizie delle società sportive e quelle per l’attribuzione a pensionati di incarichi apicali nella PA, che tuttavia potrebbe ricomparire nel nuovo DL sulla governance del PNRR.
Stop anche alla possibilità di proroga di ulteriori due anni delle concessioni dei diritti televisivi sportivi, e alla proroga del Superbonus 110% per le villette.

Ora i consumi italiani puntano all’essenziale: cibo e salute

Gli italiani si affacciano sul nuovo anno con una inattesa tempra emotiva: timore e inquietudine sì, ma soprattutto fiducia e aspettative per il nuovo anno. Con questa disposizione d’animo affrontano i consumi rinunciando al superfluo per garantirsi l’essenziale, con cibo e salute in cima alla lista delle priorità. Infatti, nel 33% dei casi, gli italiani mostrano timore e inquietudine (22%), ma soprattutto fiducia (39%) e aspettativa per il 2023 (38%), e nel complesso hanno un senso di accettazione della realtà (28%) e serenità interiore (34%). È il quadro emerso da due survey condotte a dicembre 2022 dall’Ufficio Studi Coop.

Diete più salutari e meatless

Circa un italiano su due spera di mantenere stabili le spese familiari nel 2023, ma il 45% conta di spendere di più per bollette e il 32% per cibo e bevande, rinunciando all’outdoor, ai viaggi e alla convivialità. Per far fronte all’aumento dei prezzi l’80% cambierà le abitudini alimentari orientandosi verso diete più salutari e meatless, più sobrie e certamente ‘zero waste’ e ‘no frills’.  Il 26% del campione malgrado tutto continua però a vedere l’anno appena iniziato con speranza, e rispetto a quattro mesi fa la fiducia è salita del 12%. Tuttavia gli ultimi anni, e in particolare gli ultimi mesi, hanno lasciato ferite profonde: il 18% delle famiglie nel 2022 ha dovuto far fronte a un permanente disagio alimentare (circa 9 milioni) e un italiano su quattro teme la vera povertà per il 2023.

Si punta ad adottare un lento lifestyle

Intimoriscono soprattutto gli imprevisti, con il 66% del campione che non saprebbe come far fronte a una spesa improvvisa e non rimandabile. Il 70%, poi, se disponesse all’improvviso di 10mila euro, non esiterebbe a dirottarli nel salvadanaio. In generale si punta ad adottare un lento lifestyle concentrandosi sulla cura di sé (29%), cucinare in casa (29%) e fuga dal fast food (15%).
Quanto ai consumi, il ritorno alle spese essenziali andrà a scapito di ristoranti e locali, spettacoli e cultura (rispettivamente 32% e 26%). E per i beni durevoli si pensa a cambiare gli elettrodomestici, ma si rinvia l’acquisto della nuova auto, e il 67% pensa a una ristrutturazione dell’abitazione.

Il 2023 sarà un anno di stagnazione, non di decrescita

Il sondaggio rileva inoltre che grazie soprattutto alla parziale riduzione dei prezzi del gas, il 2023 sarà un anno di stagnazione, ma non di decrescita, con un carovita ancora sostenuto, ma inferiore al 2022 (+6,1%).  A preoccupare maggiormente, riporta Ansa, sono però soprattutto i consumi e i risultati economici della filiera alimentare. L’inflazione dei beni alimentari lavorati resterà elevata (+6,7% medio nel 2023 secondo i manager italiani del settore Food & Beverage), si ridurranno i volumi acquistati dalle famiglie nella Gdo (-0,9%), e si conferma il peggioramento della redditività delle imprese industriali, soprattutto distributive (lo teme il 66% dei manager del settore). Con conseguente calo degli investimenti (37%) e ricadute anche sul fronte occupazionale (27%).

Lavoro ibrido “sicuro”: le aziende europee devono ancora attrezzarsi

A quanto emerge da una ricerca condotta da Canon, le principali fonti di preoccupazione delle aziende europee relative al lavoro ibrido riguardano la difficoltà nella gestione degli aggiornamenti da remoto, del comportamento dei dipendenti e dei dati off-site. Difficoltà riconducibili prevalentemente al non disporre di soluzioni e strumenti adatti a garantire livelli di protezione adeguati alle minacce informatiche. Tra i primi ostacoli riscontrati, la scarsa cultura sulla prevenzione. Di fatto, la maggior parte delle aziende europee non è ancora pronta per affrontare la sfida legata alla sicurezza informatica negli ambienti di lavoro ibrido e da remoto. E la difficoltà a implementare misure preventive di protezione dei dati in questi ambienti riguarda anche le aziende italiane.

I dipendenti fuori sede non sempre rispettano le policy di sicurezza

L’82% degli ITDM italiani (79% a livello europeo) incontra continuamente difficoltà nel fornire ai lavoratori da remoto le patch e gli aggiornamenti IT necessari a garantire sicurezza, mentre il 76% (77% in Europa) ritiene che i dipendenti, quando si trovano fuori sede, non rispettino le policy di sicurezza. La protezione dei documenti sensibili stampati e gestiti dai dipendenti a casa è un altro punto dolente: il 77% degli ITDM italiani (75% Europa) ha difficoltà a configurare in modo adeguato stampanti e scanner remoti, mentre il 77% (73% Europa) è preoccupato poiché i dipendenti non gestiscono con la dovuta sicurezza i dati stampati da tali dispositivi.

Come tracciare l’intero ciclo di vita di un documento?

A fronte di queste criticità nella sicurezza, l’82% delle aziende italiane (70% a livello europeo) fatica a tenere il passo con il regolamento GDPR, e il 51% (46% a livello europeo) ha riscontrato problemi di conformità e di audit sulla sicurezza informatica.
Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che solo il 18% delle aziende italiane (in linea con il dato europeo) attualmente è in grado di tracciare l’intero ciclo di vita di un documento, dall’accesso alla condivisione fino alla cancellazione, passando per la stampa e l’archiviazione. I dati sono pertanto esposti al rischio di intrusioni e attacchi.

Soddisfare le aspettative di conformità al GDPR

A fronte di tali problematiche emerge l’attenzione nei confronti delle funzionalità di sicurezza integrate in scanner e stampanti come priorità per le aziende, riporta Adnkronos. Il 91% degli ITDM italiani (82% a livello europeo) concorda nel dire che ciò potrebbe rappresentare un elemento di attenzione per i futuri acquisti. Per proteggersi da ulteriori minacce e soddisfare le aspettative di conformità al GDPR, il 93% (82% a livello europeo) ritiene interessanti i prodotti dotati di funzioni di sicurezza, mentre l’89% (83% a livello europeo) è interessato a soluzioni che aggiungano valore all’investimento. Come ad esempio quelle che forniscono controlli dello stato di efficienza della sicurezza, o i servizi di cancellazione dei dati.

I dipendenti italiani temono l’hacking dei robot

Oggi la robotica viene utilizzata per gestire sistemi di controllo industriale, processi produttivi e altre tecnologie informatiche. Sostituendo il lavoro manuale migliora efficienza, velocità, qualità e prestazioni. Uno studio di Kaspersky sulle conseguenze dell’automazione e dell’aumento dell’uso dei robot mostra il crescente livello di robotizzazione nelle aziende, ma ne evidenzia il maggior numero di rischi per la cybersicurezza. Oggi, il 51% dei dipendenti in Italia dichiara che le loro aziende utilizzano già i robot, e il 21% prevede di utilizzarli nel prossimo futuro. L’81% ritiene poi che i robot debbano essere più utilizzati in diversi settori, ma il 75% teme l’hacking dei robot.

La robotizzazione riduce i rischi per la vita e la salute…

Gli intervistati ritengono che i robot possano aiutare le industrie ad aumentare i benefici economici e a salvare le persone da mansioni pericolose. Questo punto di vista è condiviso da quasi due terzi dei dipendenti italiani: il 41% ritiene che l’uso dei robot possa accelerare e aumentare l’efficienza dei processi produttivi e ridurre i costi, e il 54% che in futuro la robotizzazione possa sgravare le persone da mansioni faticose o pericolose, riducendo i rischi per la vita e la salute. Questo, a sua volta, aiuterà i dipendenti a evitare mansioni di routine e logoranti, e a mantenere incarichi più interessanti e meglio retribuiti (29%). Per il 28%, inoltre, uno dei compiti principali che i robot possono svolgere con successo è quello di creare un ambiente sicuro e ridurre la probabilità di incidenti dovuti a errori umani.

… ma aumenta i rischi informatici

Ma a causa della robotizzazione possono aumentare i rischi di cybersecurity.
La maggior parte degli intervistati in Italia (75%) ritiene che i robot possano essere violati, e il 46% è a conoscenza del verificarsi di incidenti di questo tipo nella propria azienda o in altre imprese locali. Gli intervistati sono invece divisi nella valutazione di quanto i robot siano protetti. Il 32% dei dipendenti ritiene che non siano state adottate misure di cybersecurity sufficienti a proteggere i robot nei diversi settori, mentre il 44% ritiene che siano state adottate misure di protezione sufficienti.
“I sistemi cyber-fisici utilizzano sempre più spesso i robot industriali per aumentare l’efficienza produttiva. Tuttavia, nuove tecnologie come queste comportano nuovi rischi informatici perché sono potenzialmente vulnerabili alle minacce informatiche”, commenta Andrey Strelkov, Head of Industrial Cybersecurity Product Line di Kaspersky.

Serve una defense-in-depth industrial network

“Prima di integrare i robot nella produzione è necessario garantire la sicurezza della rete e la solidità delle intrusioni – aggiunge Andrey Strelkov -. Non tutte le tecnologie moderne sono state progettate tenendo conto della sicurezza, quindi solo un sistema di protezione di defense-in-depth industrial network e piattaforme di monitoraggio multifunzionali garantiscono l’operatività ininterrotta dell’azienda. Soluzioni dedicate come Kaspersky Industrial Cybersecurity possono essere un efficiente strumento di protezione della robotica in produzione”.

Mercato Beauty: i trend globali arrivano in Italia

Uno studio di Ipsos sulle attitudini delle italiane verso i prodotti beauty rivela come le consumatrici italiane oggi siano piuttosto esigenti, informate e attente ai prodotti che acquistano. Il 61% preferisce prodotti con ingredienti naturali, il 66% considera efficace un prodotto che sia testato clinicamente, e sempre più consumatrici leggono le etichette, con particolare riferimento alla lista degli ingredienti (51%). Di fatto, la pandemia ha accelerato alcune tendenze nel mondo del beauty, e alcuni trend, come ad esempio, la tensione verso la sicurezza e la ricerca di quanto è ‘buono’ per l’ambiente e noi stessi, arrivano anche in Italia. Ma a emergere è anche una rinnovata cura di sé a livello fisico e mentale, accompagnata dal desiderio di leggerezza che si traduce in voglia di divertirsi con la bellezza.

La bellezza passa dalla salute

Sette donne su 10 affermano poi che la bellezza passa innanzitutto dalla salute. Un benessere perseguibile anche attraverso vere e proprie beauty routine. Guardando ai dati di mercato, si nota come questa tendenza si rifletta anche nei comportamenti d’acquisto. Le consumatrici (40%) si mostrano propense a favorire i brand che suggeriscono come creare una routine attraverso la combinazione di più prodotti, ma al tempo stesso richiedono semplificazione: il 60% desidera utilizzare prodotti beauty che permettano di risparmiare tempo. In questo caso, per i beauty brand, è bene lavorare sul proprio purpose. I prodotti beauty devono essere virtuosi e devono soddisfare, oltre a esigenze funzionali, anche bisogni più emozionali, agendo sul benessere e contribuendo a migliorare la vita delle persone in senso olistico e semplificatorio.

Sostenibilità e sicurezza

Nonostante la forte attenzione al mondo bio e naturale, è necessario che i beauty brand portino avanti anche il concetto di ‘sicuro’ dei propri prodotti. I beauty brand devono avere coscienza del fatto che la sostenibilità è un tema rilevante per i consumatori, ma per aiutare i brand a crescere bisogna veicolare il giusto messaggio con autenticità. La maggiore disponibilità di tempo, sperimentata durante la pandemia, ha portato poi le persone a dedicare più tempo a sé stesse rivalutando i propri bisogni, facendo affermare la concezione di bellezza olistica, dove estetica si coniuga al benessere. Quindi, una cura di sé a 360 gradi, sia a livello fisico sia mentale.

Divertimento e Male Beauty

Ma il mondo beauty è anche un territorio fertile per portare in vita istanze di sperimentazione, leggerezza e divertimento, perché rappresenta un ambito gratificante e consolatorio. Si fanno spazio quindi esperienze plurisensoriali, dove la dimensione del gioco è sempre più valorizzata. I dati Ipsos rivelano inoltre che più della metà degli uomini utilizza prodotti beauty. Tra le principali motivazioni, la voglia di prendersi cura di sé e migliorare il proprio aspetto. Il 15% però non li ha mai utilizzati e non ha intenzione di utilizzarli in futuro. Una resistenza che cresce soprattutto tra gli over60. Le principali barriere? La percezione di non bisogno, la sensazione di sminuita mascolinità e la scarsa conoscenza dei benefici. 

Lavoro: il 21% dei profili IT riceve almeno 2 offerte a settimana

Secondo lo studio commissionato da Codemotion a InTribe, e presentato durante l’evento HRmeetsDev, tra le motivazioni per cambiare posto di lavoro il 32% dei lavoratori del settore IT cita la formazione continua (41%), seguita da progetti interessanti (38%), e l’allineamento con la vision aziendale (33%). Ma perché cambiare lavoro? I profili con competenze nell’Information Technology sono sempre più richiesti dalle aziende: il perimetro dell’occupazione per questi profili si sta decisamente allargando. E se un professionista IT su tre è già pronto a cambiare lavoro nei prossimi 6 mesi, il 21% riceve almeno due offerte di lavoro a settimana.

I Data Scientist ricevono più offerte

I più propensi a cambiare lavoro sono i DevOps, le figure professionali che aiutano un’organizzazione a sviluppare in modo più rapido ed efficiente prodotti e servizi software, mentre i Data Scientist sono i lavoratori che ricevono più offerte. Molto meno rilevante, secondo la ricerca, è la Ral, ovvero la retribuzione annua lorda, indicata dal 23% degli IT. Oltre una azienda su 2 offre infatti mediamente meno di 40 mila euro annui, una cifra per la quale solo il 36% è disposto a cambiare lavoro. L’allineamento tra richiesta e offerta, inoltre, si riduce al crescere della competenza degli IT. Dallo studio emerge anche che il 53% dei lavoratori del settore riceve diverse offerte al mese: il 32% fino a 10 e il 21% almeno due a settimana, di cui il 6% almeno una al giorno. I settori più desiderati? Trasporti, gaming, IT e servizi informativi.

“Allineare l’offerta economica alle richieste dei candidati”

“L’indagine evidenzia come la maggioranza dei professionisti IT sia soddisfatta del proprio lavoro, ma emerge anche una fetta consistente che sta già cercando nuove opportunità o lo farà a breve – ha commentato Chiara Russo, ceo e co-founder di Codemotion -. Per attrarre questi talenti un primo passo è allineare l’offerta economica alle richieste dei candidati, ma competere sulla Ral non basta: è fondamentale sapersi raccontare, costruire un’identità aziendale tech e un ambiente di lavoro che offra a sviluppatori e profili IT ciò che realmente cercano, cioè progetti stimolanti, possibilità di formazione continua e crescita professionale, e valori aziendali in cui riconoscersi”.

Un evento per interfacciare i talenti tech con le HR

HRmeetsDev (HMD) è l’evento che rivoluziona il modo in cui le Risorse Umane si interfacciano con i talenti tech, riporta Adnkronos. L’evento promuove infatti l’incontro tra Risorse Umane e professionisti IT. La comunicazione degli HR e delle aziende risulta spesso inefficiente e distante dalle necessità degli sviluppatori. Per questo, in meno di un anno, oltre 600 aziende hanno partecipato a questi eventi e stanno cambiando il loro approccio ad attraction, recruiting e retention delle figure tech.

Le imprese green affrontano meglio le crisi: ecco perchè

La green economy accelera nel nostro Paese, portandolo a livelli di leadership. Sono infatti oltre 531 mila le aziende che nel quinquennio 2017-2021 hanno deciso di investire in tecnologie e prodotti green: il 40,6% delle imprese nell’industria ha investito, valore che sale al 42,5% nella manifattura. Guardando alle performance economiche è possibile comprendere anche le ragioni che spingono le imprese a investire in prodotti e tecnologie verdi. Le imprese eco-investitrici sono infatti più dinamiche sui mercati esteri rispetto a quelle che non investono (il 35% delle prime prevede un aumento nelle esportazioni nel 2022 contro un più ridotto 26% di quelle che non hanno investito) percentualmente aumentano di più il fatturato (49% contro 39%) e le assunzioni (23% contro 16%). Lo rivela il tredicesimo Rapporto GreenItaly di Fondazione Symbola e Unioncamere

In crescita anche l’occupazione nel settore

Nel 2021 l’occupazione green non è stata in grado di differenziare il proprio andamento rispetto alla dinamica occupazionale generale, interrompendo il trend di crescita riscontrato negli ultimi anni. I contratti relativi ai green jobs – con attivazione 2021- rappresentano il 34,5% dei nuovi contratti previsti nell’anno. Andando nello specifico delle figure ricercate dalle aziende per le professioni di green jobs, emerge una domanda per figure professionali più qualificate ed esperte in termini relativi rispetto alle altre figure, che si rispecchia in una domanda di green jobs predominante in aree aziendali ad alto valore aggiunto. A fine anno gli occupati che svolgono una professione di green job erano pari a 3.095,8 mila unità, di cui 1.017,8 mila unità al Nord-Ovest (32,9% del totale green nazionale), 741,2 mila nel Nord-Est (23,9%), 687,9 mila unità nel Mezzogiorno (22,2%) e le restanti 648,8 mila al Centro (21%).

Campioni di economia circolare

L’Italia è leader nell’economia circolare con un avvio a riciclo sulla totalità dei rifiuti – urbani e speciali – del 83,4% (2020): un risultato ben superiore alla media europea (53,8%) e a quella degli altri grandi Paesi come Germania (70%), Francia (64,5%) e Spagna (65,3%). A sottolineare il potenziale dell’Italia nella valorizzazione di materia a fine vita, anche il quarto posto al mondo come produttore di biogas – da frazione organica, fanghi di depurazione e settore agricolo – dopo Germania, Cina e Stati Uniti. Nel biennio 2020-2021 si è inoltre verificato un inatteso consolidamento della capacità di riciclo industriale dell’Italia – specialmente nel comparto cartario – che ha visto in tutti i settori incrementare, anche in maniera importante, la quota di materie seconde impiegate. Un eccellente risultato per la transizione ecologica e lo sviluppo di un’economia sempre più circolare. Tuttavia, in alcuni settori l’Italia deve ancora far ampio affidamento sulle importazioni di materia seconda dall’estero. 

Pagamenti digitali: che sistema usano i giovani?

Negli ultimi anni è arrivato il boom delle app di pagamento, conosciute dal 96% dei giovani, e utilizzate da quasi due terzi (62%), contro il 56% di tutta la popolazione. Il 90% dei giovani, e l’85% nella fascia d’età compresa fra 18-30 anni, possiede anche una carta di debito, il 77% una prepagata e il 58% una carta di credito.  Ma tra gli under 30 iniziano a farsi strada anche i mobile payment/wallet, noti al 93% e utilizzati dal 37%. A questi si aggiunge il Buy Now Pay Later, conosciuto dal 60% e preso in considerazione per gli acquisti futuri dal 46%. È quanto emerge dall’Osservatorio Compass, condotto dalla società del credito al consumo del Gruppo Mediobanca. Sicurezza, praticità, comodità le caratteristiche più apprezzate

Bancomat o carte di debito preferite per acquisti nei punti vendita

Insomma, le nuove forme di pagamento conquistano i giovani. Ma se si parla di acquisti in un punto vendita fisico, in cima alle preferenze ci sono le carte di debito/bancomat (56% giovani e 63% totale). Al secondo posto, resistono i contanti (29%), utili specialmente nelle ‘microtransazioni’, al terzo le carte prepagate (25%), poi le app di pagamento (19%) e il mobile payment (16%). Quando si tratta, invece, di acquisti online, 4 under 30 su 10 (42%) preferiscono le carte di debito/bancomat, seguite dalle app di pagamento (38% e 43% sul totale) e dalle carte prepagate (34%). Il motivo? Da un sistema di pagamento i giovani pretendono tre caratteristiche: sicurezza, praticità, comodità.

Per abbigliamento, beni tecnologici e accessori meglio il Buy Now Pay Later

Si tratta di nuove forme di pagamento sempre più smart e tecnologiche. Il Buy Now Pay Laser, ad esempio, viene utilizzato soprattutto per acquistare abbigliamento (22%), beni tecnologici (21%) e accessori (18%). Circa la metà degli under 30 vorrebbe provare questa forma di dilazione in futuro, perché la considera un aiuto nei momenti in cui si concentrano più spese, e la ritengono vantaggiosa perché la si può usare per gli acquisti online facendo tutto da remoto.
Inoltre, ne apprezzano la possibilità di poter godere immediatamente del prodotto pagandolo successivamente, riporta Adnkronos, concedendosi uno sfizio ma senza indebitarsi.

“Strumenti sicuri, pratici, comodi, senza rischi né sorprese”

“Strumenti sicuri, pratici, comodi, senza rischi né sorprese: è questo che i giovani vogliono da un sistema di pagamento. In questo senso va letto il successo delle carte di pagamento tra gli under 30. Ora, con app, wallet e mobile payment – ha commentato Luigi Pace, Direttore Centrale Marketing & Innovation Compass – la strada della digitalizzazione dei pagamenti è segnata. Il Buy Now Pay Later, che ancora in Italia ha tanto potenziale di crescita, si inserisce in questo contesto aggiungendo un ulteriore tassello: la possibilità di dividere in più importi mensili il costo di acquisto di un prodotto, e soprattutto di farlo in modo semplice e comodo, senza nessun costo accessorio per il cliente, sia online sia nei negozi fisici”.