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La spesa degli italiani è meno “junk” e più bio

La spesa degli italiani diventa sempre più ‘sana’ e sostenibile. Nel carrello del post-pandemia gli italiani puntano infatti soprattutto sulla qualità della propria spesa alimentare, e oggi comprano il 10,5% in più di alimenti sostenibili certificati, il 7,5% in più di alimenti biologici e a km zero, mentre riducono i cibi pronti e confezionati (-5,2%) e i cosiddetti prodotti ‘junk food’, ovvero i cibi spazzatura (-4,4%). Sono alcuni dati emersi dai risultati del rapporto ‘La (R)evoluzione sostenibile della filiera agroalimentare’, presentato durante il 7° forum dal titolo ‘La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni’, organizzato da The European House-Ambrosetti.

La sostenibilità inizia dalla produzione

Per il 73% dei consumatori un prodotto è sostenibile quando il suo processo di produzione è sostenibile. Subito dopo conta la sostenibilità del packaging (40,3%), e l’80% dei consumatori è disposto a spendere un po’ di più per acquistarlo. Oltre un terzo spenderebbe meno del 5% in più, mentre poco meno del 5% è disposto a spendere oltre il 30% in più. Secondo la ricerca, anche per le imprese un prodotto diventa sostenibile soprattutto nella sua fase di produzione: lo sostiene il 38,9% delle 500 aziende del settore Food&Beverage coinvolte. Ma per molte aziende (32,3%) è invece l’alta qualità delle materie prime il fattore principale di sostenibilità. Di fatto, nei piani dei prossimi 3-5 anni le aziende dichiarano di voler dedicare maggiore attenzione soprattutto alla sostenibilità della produzione (12,7%) e alla riduzione degli sprechi (13,7%).

Un contrasto efficace al rincaro dei prezzi agroalimentari

“L’adozione di comportamenti più sostenibili nel carrello della spesa può anche essere un efficace contrasto all’attuale rincaro dei prezzi agroalimentari – ha spiegato Benedetta Brioschi, Associate Partner e Responsabile Food&Retail, The European House-Ambrosetti -. I consumatori italiani si comportano in base alle rispettive disponibilità economiche: le famiglie meno abbienti si sono orientate verso la riduzione degli sprechi alimentari nel 17,4% dei casi, quelle famiglie più abbienti, invece, acquistano maggiormente prodotti che possano salvaguardare il proprio benessere nel 33,3% dei casi”.

Ma ancora in pochi conoscono la dieta mediterranea

“Le abitudini d’acquisto stanno cambiando con una graduale e maggiore attenzione ai temi della salute – ha aggiunto Benedetta Brioschi -, ma nel Paese bisogna ancora lavorare sugli aspetti culturali: solo il 17,3% dei cittadini sa che la dieta mediterranea prescrive il consumo di almeno 5 porzioni giornaliere di frutta e verdura. E solo il 5% mette in pratica questi dettami, anche se siamo i primi esportatori di alcuni prodotti alla base di questo tipo di alimentazione”.