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Categoria: Blog

Arredobagno, nei primi sei mesi del 2021 vendite a +47,2%

Se durante il 2020 il Sistema Arredobagno ha registrato una contrazione del 9,0%, nei primi sei mesi del 2021, il periodo tra gennaio e giugno, l’aumento delle vendite è stato del 47,2% rispetto al primo semestre 2020, con un andamento particolarmente positivo sul mercato italiano, che cresce del +62,4%. Gli effetti della pandemia non hanno risparmiato il settore italiano dell’Arredobagno, ma il 2021 si è decisamente aperto con segnali positivi. Considerando poi i dati disponibili per il confronto con il primo semestre del 2019, emerge una crescita del 14,9% delle vendite totali, e del 12,8% per il mercato italiano. È quanto emerge dai dati diffusi nel corso dell’Assemblea dei soci di Assobagno, l’Associazione nazionale delle industrie dell’arredamento e gli articoli per il bagno.

Anche l’export segna un incremento: +33,9%. Germania primo sbocco commerciale

Nei primi sei mesi del 2021 anche le esportazioni del Sistema Arredobagno registrano un significativo incremento, pari al +33,9%, rispetto all’analogo periodo del 2020. Tra i mercati di riferimento, la Germania è il primo sbocco commerciale dell’export italiano di Arredobagno, seguito da Francia, Regno Unito, Svizzera e Spagna. Anche il confronto con il periodo gennaio-maggio 2019, conferma il dinamismo del comparto, registrando in questo caso una crescita del +4,6%. Relativamente all’import del Sistema Arredobagno si evidenzia un robusto incremento nel periodo gennaio-maggio 2021 (256,4 milioni di euro, +42,6% sul 2020 e +15,6% sul 2019). Cina, con oltre un terzo del totale importato, Germania, Bulgaria, Turchia e Polonia, sono i primi cinque Paesi fornitori, riferisce E-Duesse.it.

Marginalità ridotta per il continuo aumento dei prezzi

Tuttavia, sottolinea Assobagno, “nonostante gli incrementi delle vendite, gli imprenditori sono allarmati per la difficoltà nel reperimento delle materie prime e per i continui aumenti dei prezzi, motivo per il quale la loro marginalità sarà ridotta”. In ogni caso, nel 2020 la contrazione del 9,0% è stata comunque contenuta da una minor penalizzazione sui mercati esteri (-6,6%) rispetto a quello interno (-11,3%). In diminuzione, però. seppur meno marcate, sono state anche le importazioni (-7,4%), che hanno determinato una perdita complessiva del consumo interno apparente pari al -10,4%.

Nel 2020 il 94% del fatturato è stato realizzato da Società di capitali

Nel 2020 il Sistema Arredobagno, riporta una notizia Adnkronos, comprendeva 984 aziende, in diminuzione del -1,9% rispetto al 2019, e impiegava 22.388 addetti (-2,1% rispetto all’anno precedente). Sempre nel 2020, il 94% del fatturato del settore è stato realizzato da Società di capitali, che rappresentano oltre il 40% delle imprese e impiegano quasi l’80% degli addetti. Dal 2020 il Sistema Arredobagno include poi anche il comparto delle Ceramiche sanitarie.

Commissione Europea, la svolta: un solo caricatore per tutti gli apparecchi tecnologici

Basta confusione o, peggio, impossibilità di ricaricare il proprio device perché il cavo non è quello giusto: a breve arriverà una norma europea che prevede un solo sistema per tutti gli apparecchi elettronici. Ci sarà quindi una sola porta di ricarica per i nostri più fidati “compagni” di vita e di lavoro: gli smartphone, i tablet, le macchine fotografiche, le cuffie, le casse portatili e le consolle per i videogiochi dovranno prevedere una sola porta di ricarica, che sarà quella attualmente più comune. Lo standard diventerà la porta Usb di tipo C. 

Cambia la direttiva europea

La Commissione Europea, dopo molti anni segnati da un approccio ‘volontaristico’ nei confronti dell’industria, riporta l’Ansa, ha deciso di proporre una revisione della direttiva sugli apparecchi radio che imporrà, a partire da 24 mesi dall’approvazione della norma, l’adozione di una singola porta di ricarica per tutti i device elettronici. L’approccio adottato finora, va però detto, ha già portato dei buoni risultati: i sistemi di ricarica sono passati da oltre 30 a sole 3 soluzioni. In questo modo, secondo le stime della Commissione, si risparmieranno almeno 1.000 tonnellate annue di spazzatura elettronica: i caricatori inutilizzati e gettati via pesano in Europa per circa 11mila tonnellate all’anno. 

Più libertà i consumatori 

Oltre che una scelta ecologica, il provvedimento dovrebbe garantire una maggiore liberà ai consumatori. In prima battuta gli utilizzatori di apparecchi portatili non dovranno più scontrarsi con la difficoltà di ricaricare i propri device in caso di sistemi incompatibili (al 38% degli europei è capitata almeno una volta l’esperienza di non poter ricaricare il cellulare a causa della mancata compatibilità col telefonino da caricare), ma anche perché potranno scegliere se acquistare un cavo nuovo oppure no. Le persone potranno decidere se comprare l’apparecchio con o senza il caricatore (nel secondo caso, potrà riutilizzare quello vecchio): come riporta l’Ansa, anche nel secondo caso, l’apparecchio potrà essere venduto con un cavo, la parte del sistema di ricarica che si usura più facilmente. I produttori potranno scegliere di offrire una soluzione ‘bundled’, cioè con caricatore, se offriranno anche una soluzione senza caricatore (‘unbundled’ in gergo) sullo stesso prodotto. I vecchi caricatori non compatibili dovranno essere gettati e riciclati. 

I prossimi step 

La proposta attuale seguirà la procedura legislativa ordinaria, passando per Parlamento e Consiglio. “Con la nostra proposta – dice il commissario europeo all’Industria Thierry Breton – i consumatori europei potranno utilizzare un singolo caricatore per tutti i loro apparecchi elettronici portatili, un passo importante per aumentare la comodità e per ridurre i rifiuti”.

Estate 2021, i consigli per un benessere a 360 gradi

Secondo la ricerca paneuropea promossa da ISIC1 (Institute for Scientific Information on Coffee), condotta su oltre 5 mila partecipanti dai 18 anni in su lockdown e restrizioni hanno avuto un impatto negativo sull’umore, aumentando il senso di depressione e ansia. Quasi due terzi dei partecipanti (61%) si sono dichiarati preoccupati per il peggioramento dell’umore durante il lockdown e le relative restrizioni. Ma come combattere il calo dell’umore? Una pausa davanti a una tazzina di caffè può aiutare, tanto che se il 43% degli intervistati ha dichiarato di iniziare la giornata col caffè il 35% ha apprezzato di più le pause caffè durante il periodo di restrizioni. Il Professor Giuseppe Grosso, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche della Scuola di Medicina dell’Università di Catania, ha stilato otto consigli per migliorare l’umore durante la stagione estiva, e conquistare un benessere a 360 gradi.

Avere una routine, mangiare sano e mantenere la socialità

Uno stile di vita equilibrato e sano anche in vacanza, in compagnia di amici e familiari, finalmente con la amata tazzina e godendo della ritrovata libertà sono gli ingredienti per vivere in benessere e ripartire con energia. Ma secondo il professor Grosso è importante soprattutto avere una routine: mantenere un ritmo regolare sonno/veglia, passeggiare o fare una pausa caffè può aiutare a mantenere ottimale l’equilibrio di corpo e mente. Quasi un terzo degli intervistati dalla ricerca inoltre ha evidenziato che mangiare e bere in maniera sana, inserendo più frutta e verdura, e a orari regolari, ha aiutato a migliorare l’umore. È importante però anche restare in contatto con amici e parenti. Dedicare momenti nella giornata alle telefonate o incontrarsi per una passeggiata, nel rispetto delle misure di sicurezza, può aiutare a ritrovare il buon umore.

Mantenersi attivi e trascorrere del tempo nella natura

Oltre un quarto dei partecipanti alla ricerca poi ha trovato benefico per l’umore praticare regolarmente attività fisica, come passeggiare, correre o fare esercizi seguendo un video. La ricerca però ha dimostrato che chi trascorre almeno 120 minuti a settimana nella natura dichiara di stare meglio e di sentirsi più in forma rispetto a chi non lo fa. Fare sport all’aria aperta consente quindi di massimizzare gli effetti benefici della natura.

Una pausa caffè lontano dai social, ed evitare l’eccesso di controllo

Ma ricordarsi di fare delle pause nel corso della giornata può essere particolarmente utile nelle giornate piene per evitare di sentirsi stressati. Fare una pausa caffè, soffermandosi ad assaporarne l’aroma e il gusto, può essere un buon modo di praticare la “mindfulness”. Inoltre, il professor Grosso consiglia di imparare a riconoscere cosa può essere tenuto sotto controllo e cosa no. Focalizzarsi solo sugli elementi che è possibile controllare può aiutare ad aumentare il proprio benessere mentale. Non dimenticare poi di mantenere un rapporto sano con i social. Ridurre il tempo trascorso sui social network e “silenziare” le notifiche può aiutare a ridurre l’esposizione a contenuti poco positivi, e a mantenere alto l’umore.

Le 5 parole nuove per sognare di viaggiare al tempo della pandemia

Se la lingua è in costante evoluzione la situazione pandemica ha creato neologismi e nuovi trend linguistici legati al tema del viaggio. Dall’adattogeno Workation a Fernweh, il termine tedesco per la ‘nostalgia di paesi lontani’, Babbel, insieme alla piattaforma PiratinViaggio, ha stilato un glossario di termini e hashtag relativi ai viaggi. Primo fra tutti l’inglese #staycation, uno degli hashtag più usati per descrivere le vacanze nel 2020 sui social. Dall’unione di stay (rimanere a casa) e vacation (vacanza), staycation significa infatti trascorrere le vacanze facendo i turisti nella propria città e dintorni, riscoprendone la bellezza.

Urlaub auf Balkonien, Travel shaming, Workation

L’espressione tedesca Urlaub (vacanza) auf Balkonien (in balcone) è l’equivalente tedesco di staycation. Viene utilizzata per indicare in senso ironico il balcone di casa come meta di vacanza immaginaria. L’inglese Travel shaming fa invece riferimento a quando chi pubblica foto e video delle vacanze sui social riceve commenti negativi. Se poi lo smart working rende possibile unire vacanza e lavoro, workation (abbreviazione di work on vacation) significa lavorare da remoto in luoghi di villeggiatura, e aspettare fino a dopo l’orario di lavoro o il fine settimana per le attività turistiche. E se quasi la metà degli intervistati vuole in futuro abbinare vacanza e lavoro, a questo è contrario il 55%: tenere lavoro e vacanze separate aiuterebbe a godersi di più quest’ ultime.

South working e sea working

Nel 2020 molti meridionali che per lavoro vivono nel Nord Italia sono tornati temporaneamente al Sud, un fenomeno ben descritto dalla nuova espressione anglosassone, ma in realtà tutta italiana, South working. Sea working, invece, si riferisce a un concorso grazie al quale i vincitori hanno avuto la possibilità di lavorare 10 giorni su una barca nel mare della Puglia. Se il lavoro da remoto diventasse la norma, molti italiani, ma non solo, potrebbero considerare l’idea di vivere con un clima più mite e vicino al mare, magari per poter fare un bagno in mare in pausa pranzo.

Fernweh, o il desiderio di viaggiare

Dopo un anno segnato dalle tante limitazioni che hanno reso difficile viaggiare, la voglia di vedere il mondo e di conoscere nuove culture è ancora più forte. Questo sentimento è ben descritto da un termine di origine tedesca, Fernweh, reso in lingua italiana come “nostalgia di paesi lontani”, una nostalgia di fondo per il viaggio o l’altrove. Fernweh è l’esatto opposto di Heimweh, che significa “nostalgia di casa”. Infatti mentre Heim significa “casa” (nel senso di luogo degli affetti), Fern significa “lontano”. Weh invece si traduce in italiano con “dolore” o “sofferenza”. Fernweh quindi, come wanderlust, è il desiderio di viaggiare, di lasciare la vita di tutti i giorni e di vedere il mondo.

Smart home, le case italiane sono sempre più “intelligenti”

Le case stanno diventando sempre più smart. Il mercato dei dispositivi intelligenti per le abitazioni ha infatti raggiunto il valore di  68 miliardi di euro. I principali fan di questi sistemi sono gli statunitensi, seguiti dai cinesi, mentre l’Italia – al momento – è indietro nella classifica. Attuamente il mercato italiano della smart home vale “solo” 566 milioni di euro, ma le stime parlano di un miliardo di euro già nel 2023. Sono alcuni dei risultati del primo rapporto sulla Smart Home elaborato dal Centro Studi TIM. In Europa, guida la lista dei principali Paesi per diffusione degli oggetti smart nelle case il Regno Unito, dove per ogni 10 case ci sono 18 oggetti smart. Seguono la Germania (16 oggetti) e la Francia (12). Con 6 oggetti smart ogni 10 case, inoltre, l’Italia precede la Spagna che ne registra solo 4.

Gli smart speaker fanno la parte del leone

Tra i dispositivi più venduti, e non è una sorpresa,  ci sono saldamente in testa gli smart speaker, altoparlanti dotati di assistenti vocali che hanno registrato una vertiginosa crescita negli ultimi due anni. Ma anche gli altri elettrodomestici collegati alla rete stanno popolando le nostre abitazioni: quelli per l’automazione e il controllo dei consumi energetici della casa, i gateway, gli hub, le lampadine e prese smart. Senza dimenticare le telecamere, i sensori e gli altri sistemi di sicurezza e protezione, e naturalmente i sistemi per l’intrattenimento. Una casa intelligente è poi una casa che acquista valore sul mercato immobiliare, come mostrano le esperienze di paesi precursori in questo campo, come USA e Regno Unito. Nonostante il boom dei sistemi smart, non mancano anche alcune preoccupazioni legate alla privacy: più di un italiano su due è restio a condividere i propri dati personali, anche quando si tratta di rendere più smart la propria casa. La risposta, ovviamente, risiede in soluzioni di sicurezza informatica più performanti ma anche in campagne di informazione per sviluppare un uso più consapevole di questi strumenti.

Smart è anche ecologico

Gli esperti sottolineano infine che adottare sistemi per rendere intelligente la propria casa è utile non solo a  un miglioramento della nostra esperienza tra le mura domestiche. Puntare sull’utilizzo di oggetti smart aiuta a ridurre in maniera significativa il consumo energetico, e quindi le emissioni di CO2. Contribuisce quindi a prenderci cura dell’ambiente e del mondo in cui viviamo. L’utilizzo di sistemi di energy management può portare a una riduzione dei consumi energetici del 10-15% annuo a livello nazionale, con un risparmio di 3-3,5 miliardi di euro. E, al tempo stesso, ridurre le emissioni CO2 di circa 1,7- 2,5 milioni di tonnellate l’anno.

Trustpilot, nel 2020 eliminate oltre 2 milioni di recensioni false

Nel 2020 sono oltre due milioni le recensioni false intercettate da Trustpilot a livello globale. Nel primo Report sulla trasparenza pubblicato dal sito web danese che ospita le recensioni delle aziende in tutto il mondo, emerge infatti che l’anno passato le recensioni false intercettate e rimosse sono state esattamente 2.209.230. Di queste, oltre 1,5 milioni, precisamente 1.549.683, sono state eliminate automaticamente, utilizzando un software di rilevamento delle frodi, e poco più di 600 mila (659.547) sono state rimosse manualmente.

Nell’anno del Covid aumentate del +25% le recensioni a livello globale

“L’attività sulla piattaforma di Trustpilot è cresciuta molto nel 2020, confermando un aumento del +25% delle recensioni a livello globale – commenta all’Adnkronos Claudio Ciccarelli, Country Manager di Trustpilot in Italia -. Proprio nell’anno in cui ci si è visti costretti a prendere le distanze dagli altri, e in cui la fiducia in buona parte delle istituzioni è venuta a mancare, i dati messi a disposizione dal Transparency Report mostrano quanto sia importante tornare a riporre fiducia nelle persone”.

“Le recensioni false e la disinformazione sono i nostri nemici”

“La popolarità delle recensioni ha dato ai consumatori la fiducia per comprare di più online da un numero maggiore di aziende di ogni sorta e dimensione – aggiunge Peter Mühlman, fondatore e Ceo di Trustpilot -. Le recensioni false e la disinformazione sono i nostri nemici, e noi continuiamo a fare tutto il possibile per evitare che i consumatori vengano ingannati. La fiducia – continua Peter Mühlman – non è solo una parte del nostro nome, è il cuore di tutto ciò che facciamo. Per avere successo nella nostra attività, il nostro modo di lavorare deve essere sempre più aperto e trasparente”.

Emessi 38.957 avvertimenti alle aziende che non rispettano le linee guida

Di fatto Trustpilot individua e rimuove proattivamente le recensioni false o nocive, che nel 2020 sono arrivate a coprire il 5,7% del totale delle recensioni pubblicate sulla piattaforma. Ovviamente Trustpilot applica le proprie linee guida a tutte le aziende e gli autori delle recensioni. E secondo il Transparency Report nel corso del 2020, in totale sono stati emessi 38.957 avvertimenti alle aziende, e sono state inviate 1.030 lettere di diffida formali. Inoltre la piattaforma ha postato sui profili ritenuti in grave violazione delle linee guida 522 avvertimenti pubblici rivolti ai consumatori, e ha rescisso i contratti di 122 aziende.

Bullismo e cyberbullismo, l’opinione dei ragazzi nell’anno del Covid

Dopo droga e violenza sessuale bullismo e cyberbullismo rimangono una delle minacce più temute dagli adolescenti. Ragazzi e ragazze non si sentono al sicuro sul web, e dopo il cyberbullismo, è il revenge porn a fare più paura, soprattutto tra le ragazze. Nell’anno del Covid-19 poi i giovani esprimono tutta la sofferenza per il senso di solitudine, e questa solitudine rischia di esporli maggiormente alle minacce del web. L’Osservatorio Indifesa, realizzato nel corso del 2020, riporta una fotografia della realtà raccontata direttamente dai ragazzi, attraverso le risposte di 6.000 adolescenti di età compresa fra i 13 e i 23 anni provenienti da tutta Italia.

Numeri preoccupanti

Dai dati dell’Osservatorio a preoccupare sono i numeri di quella che sembra essere un’esperienza di sofferenza quotidiana per troppi giovani. Il 68% di loro dichiara di aver assistito a episodi di bullismo o cyberbullismo, mentre ne è vittima diretta il 61%. Ragazzi e ragazze esprimono disagio e sofferenza per episodi di violenza psicologica subita da parte di coetanei (42,23%), in particolare, il 44,57% delle ragazze segnala il forte disagio provato dal ricevere online commenti non graditi di carattere sessuale. Dall’altro lato, l’8,02% delle ragazze ammette di aver compiuto atti di bullismo, o cyberbullismo, percentuale che cresce fino al 14,76% tra i ragazzi.

I ragazzi della GenZ conoscono bene la pericolosità del web

Tra i partecipanti alla rilevazione 6 su 10 dichiarano di non sentirsi al sicuro online. Sono le ragazze ad avere più paura, soprattutto sui social media e sulle app per incontri: lo conferma il 61,36% di loro. Tra i rischi maggiori sia i maschi sia le femmine pongono al primo posto il cyberbullismo (66,34%), a seguire per i ragazzi spaventa di più la perdita della propria privacy (49,32%), il revenge porn (41,63%), il rischio di adescamento da parte di malintenzionati (39,20%), lo stalking (36,56%) e le molestie online (33,78%). Dopo il cyberbullismo, l’incubo maggiore per le ragazze è il revenge porn (52,16%), insieme al rischio di subire molestie online (51,24%), l’adescamento da parte di malintenzionati (49,03%) e la perdita della propria privacy (44,73%).

Il Covid-19 aumenta il senso di solitudine

“I dati dell’Osservatorio Indifesa 2020 destano allarme e ci dicono come gli effetti della pandemia e i drastici cambiamenti che questi hanno portato nella vita dei ragazzi siano già oggi drammatici – afferma Paolo Ferrara Direttore Generale di Terre des Hommes -. L’isolamento sociale, la didattica a distanza e la perdita della socialità stanno provocando una profonda solitudine e demotivazione, ma anche ansia, rabbia e paura”. Pesanti infatti sono le conseguenze del Covid-19 e delle misure di isolamento e distanziamento sociale per i ragazzi italiani: il 93% degli adolescenti ha affermato di sentirsi solo, con un aumento del 10% rispetto alla rilevazione precedente. Un aumento ancora più significativo se si pensa che la percentuale di chi ha indicato di provare solitudine “molto spesso” è passata dal 33% a un drammatico 48%.

Italiani in lockdown, emergono nuove abitudini di acquisto

Cresce fra gli italiani il livello di preoccupazione per l’emergenza coronavirus, e se ora gli acquisti si concentrano sui beni di prima necessità a cambiare sono anche le strategie per fare la spesa. E il giudizio sui brand si “raffredda”.

Questi i primi effetti del lockdown sulle abitudini e i consumi degli italiani registrati dal monitoraggio settimanale di GfK sulle conseguenze del Covid-19 su stili di vita e strategie di consumo. I risultati riferiti alla prima settimana del lockdown evidenziano quindi un consumatore in costante e rapida evoluzione.

Nel carrello i beni essenziali, ma anche i libri

Ancora in crescita le preoccupazioni degli italiani, sia per la diffusione del Coronavirus (+11%) sia per la situazione economica attuale e futura, e aumenta anche la paura di non trovare nei negozi i prodotti di cui si ha bisogno, specialmente al Sud. I consumi si concentrano quindi sempre più sui beni essenziali, e cala la voglia di fare acquisti, anche online. Gli italiani mettono nel carrello soprattutto prodotti come pane, latte, farina, zucchero, prodotti per l’igiene personale, disinfettanti, acqua e surgelati. Tra le categorie che resistono ci sono però i libri, che tornano a essere un bene necessario per un numero crescente di persone.

L’importo medio della spesa cresce del +26%

Dopo la prima settimana di acquisti “compulsivi”, ma poco organizzati, e una seconda caratterizzata da un incremento della frequenza degli acquisti, durante la prima settimana di lockdown gli italiani sembrano aver elaborato nuove strategie. L’importo medio della spesa cresce del +26% e si fanno acquisti più attenti, per evitare di dover tornare spesso in negozio. Si annullano poi le differenze tra giorni infrasettimanali e sabato, solitamente il più importante per la spesa, a cresce ancora la penetrazione del canale online (+16%).

Verso un nuovo consumatore post-traumatico L’isolamento forzato in casa sta cambiando sicuramente anche il modo in cui gli italiani si rapportano con i brand. Rispetto alla settimana precedente, GfK registra un giudizio maggiormente positivo sulla Distribuzione, mentre le aziende sono viste come poco attive, e poco vicine. Mai come oggi i consumatori chiedono ai brand una maggiore capacità di entrare in sintonia con il sentiment del momento. Rimane da capire cosa cambierà quando tutto questo sarà finito. Le aziende avranno a che fare con un consumatore “post-traumatico”, con nuove abitudini di consumo, nuove paure, e nuovi stili di vita. Ma anche desideri inespressi che emergeranno alla fine della quarantena

La Cina diventerà una superpotenza AI?

Entro il 2030 la Cina sarà una superpotenza nel campo dell’intelligenza artificiale. Una sfida lanciata agli Stati Uniti, dato che il Celeste Impero ha superato gli Usa per numero di pubblicazioni e per la forza delle sue aziende, molte delle quali attive proprio nella Silicon Valley. Ma la scalata della Cina nel settore sta destando preoccupazione negli Usa, perché l’AI può essere utilizzata sia a scopi civili che militari

Ad annunciare la scalata è stata la stessa Cina in un rapporto del luglio 2017. E ora il Politecnico di Zurigo ha preparato un documento di analisi tramite il suo Centro studi sulla sicurezza, messo a punto dalla politologa Sophie-Charlotte Fischer.

Le aziende cinesi sbarcano nella Silicon Valley

Secondo Fischer l’ascesa della Cina nel campo dell’intelligenza artificiale è a buon punto, poiché ha acquisito le sue conoscenze nel campo non solo grazie agli articoli scientifici liberamente accessibili, ma anche al trasferimento di conoscenze da parte di ricercatori cinesi che si sono formati negli Usa. Le maggiori aziende cinesi che stanno investendo nell’intelligenza artificiale ha poi sede nella Silicon Valley, come il motore di ricerca Baidu e il sito per acquisti online Alibaba, stabilite in California con gli incentivi del governo cinese, riferisce Ansa.

Un mercato interno di 1,5 miliardi di potenziali utenti

Tuttavia, l’esperta guarda all’annuncio della Cina anche con uno sguardo critico: “i microchip più potenti per le applicazioni di intelligenza artificiale provengono ancora dagli Stati Uniti”, afferma la politologa. E questo nonostante i rapidi progressi del Paese, che punta ad azzerare il gap tecnologico con l’Occidente entro il 2020 e a far diventare la sua industria leader mondiale del settore entro il 2025, e superpotenza entro il 2030.

Inoltre, il volume del mercato delle società tecnologiche cinesi è solo il 32% di quello delle società tecnologiche americane, ma Fischer ammette che un volano potrebbe essere il mercato interno di 1,5 miliardi di potenziali utenti.

Utilizzare l’AI per mantenere la stabilità sociale

L’obiettivo dichiarato dalla Cina nel suo documento è quello però di voler utilizzare la tecnologia dell’AI per “mantenere la stabilità sociale”. Un esempio è il lancio del sistema di credito sociale, che mostra come sorveglianza e AI possano andare di pari passo: alcune città cinesi hanno infatti introdotto sistemi per valutare il comportamento delle persone utilizzando videocamere, informazioni da database governativi e dati personali da internet.

Coloro che dimostrano il tipo di comportamento incoraggiato ottengono perciò i prestiti bancari, mentre chi si comporta in modo sospetto potrebbe scoprire di non poter più lasciare il Paese. Con già 176 milioni di telecamere di sorveglianza, e altri 450 milioni in arrivo per il 2020, secondo Fischer la Cina ha il potenziale di creare una sorveglianza totale basata sull’intelligenza artificiale, sul modello del Grande Fratello di Orwell.

Italiani, popolo di fotoreporter con lo smartphone

Secondo una recentissima ricerca di eDreams, agenzia globale di viaggi online, gli italiani sono primi in classifica nel preferire il cellulare alla macchina fotografica per immortalare i momenti più significativi dei loro viaggi. L’indagine è stata condotta su un campione di 10.000 persone provenienti da Italia, Spagna, Francia, Regno Unito, Portogallo e Svezia. E se il 61% degli italiani porta con sé una macchina fotografica tradizionale quando parte per le vacanze, la percentuale di viaggiatori italiani che scatta foto delle ferie principalmente con il telefonino è pari al 66%.

Nella fascia di età sopra i 55 anni la percentuale arriva al 69%

Il risultato raggiunto dai nostri connazionali sulla sessantina, poi, supera di ben 7 punti percentuali la quota registrata per i giovani tra i 18 e i 24 anni. Nella fascia di età sopra i 55 anni la percentuale dei fotoreporter con lo smartphone arriva infatti al 69%. Inoltre, il 69% di loro dichiara di non usare il proprio cellulare quando è in viaggio meno di quanto fa a casa. Al contrario, la maggioranza dei giovanissimi, dai 18 ai 24 anni, (46%), lo usa più a casa che in vacanza.

L’Italia va quindi in controtendenza rispetto ad alcuni Paesi coinvolti dalla ricerca, come Francia, Germania e Regno Unito, dove la maggioranza di chi scatta foto ricordo delle ferie dal cellulare è rappresentata dai giovanissimi.

Le caratteristiche tecniche dello smartphone più apprezzate dagli italiani in viaggio

Secondo la survey, i nostri connazionali considerano più importanti la durata della batteria e la resistenza del telefono all’acqua rispetto alla fotocamera frontale e un audio qualitativamente elevato. Le prime cinque specifiche tecniche più apprezzate dagli italiani in vacanza sono in rigoroso ordine: durata della batteria; resistenza all’acqua; durata dello smartphone; caratteristiche tecniche della fotocamera posteriore; fotocamera anteriore.

Ma dove vanno in vacanza gli italiani col telefono?

Sempre secondo la ricerca europea, il mare resta la meta prediletta dai viaggiatori di tutte le età. Percentuali dal 68% al 77% mostrano il gradimento delle spiagge assolate e del mare cristallino dai 18 anni fino a oltre i 55 anni. La seconda tipologia di vacanza preferita dagli abitanti del Bel Paese sembra essere quella della fuga in un’altra città, in Italia o fuori dai nostri confini. A gradire i cosiddetti city break sono soprattutto i sessantenni (41%) e i trentenni (37%). Ma anche i più giovani (35%) apprezzano una breve pausa dalla routine quotidiana in una vivace metropoli.