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Categoria: Blog

Gli italiani e le nuove abitudini sui consumi green

L’attenzione alla sostenibilità è un tema sentito da circa il 90% degli italiani, ma non sempre attuabile nel quotidiano. La transizione energetica, ad esempio, è più facile all’interno delle proprie abitazioni, con il 71% che ha modificato i propri comportamenti in casa e il 69% che ha adattato le proprie abitudini ai fini di un maggior risparmio energetico. Anche perché, in questo caso, la sostenibilità è collegata a una riduzione delle spese. Gli italiani, insomma, sono sempre più attenti alla sostenibilità, ma spesso è difficile metterla in pratica con azioni concrete. Un freno è rappresentato dal fatto che comportarsi in modo autenticamente sostenibile ha spesso un costo significativo. È quanto emerge dalla ricerca ‘Agos Insights. I nuovi consumi sostenibili’, realizzata da Agos, in collaborazione con Eumetra.

Emerge la richiesta di consulenza

Gli italiani sembrano infatti essere molto interessati alle potenzialità di un miglioramento della classe energetica di casa (90%) e degli elettrodomestici (94%). Eppure, se la maggioranza conosce la classificazione energetica con le lettere dalla A alla G (84%), non sono altrettanti quelli che si rendono conto dell’impatto dell’utilizzo degli elettrodomestici in bolletta (solo il 38% ne è consapevole) o sono a conoscenza della classe energetica del proprio immobile (51%). Proprio per questo emerge una forte richiesta di consulenza da parte di aziende e rivenditori (82%), che dovrebbero aiutare a districarsi nel dedalo delle differenze e far capire meglio i vantaggi di una soluzione green.

Più difficile modificare i comportamenti per mobilità e acquisti

Se l’impegno a modificare le abitudini di comportamento e consumo in casa è diffuso, sembra più difficile modificarle sul versante della mobilità: solo il 15% ha individuato soluzioni più green per spostarsi, e il 31% nell’ambito degli acquisti. Le generazioni più in difficoltà sono quelle di mezzo (da 30 a 50 anni), alle prese con spese per la casa e i figli e stipendi che non sempre consentono di seguire i comportamenti più virtuosi. Apparentemente contradditoria sembra la GenerazioneZ che a parole non dà particolare importanza al tema, ma che risulta essere la più attiva nel cercare di comportarsi in modo rispettoso.

Viva l’economia circolare

L’economia circolare emerge come modo per essere sostenibili, apprezzata dal 78% degli italiani e utilizzata quasi dalla stessa percentuale (77%). In particolare dai più giovani, che la considerano una modalità di acquisto al pari delle altre. L’analisi ha poi delineato 4 grandi tipologie di italiani con diversi atteggiamenti verso la sostenibilità, in base soprattutto al grado di attenzione e importanza attribuita al tema. Si va dagli Idealisti (31%) ai Concreti (32%), e dagli Impossibilitati (21%) agli Indolenti (16%). Questi ultimi ritengono importante il tema della sostenibilità, ma hanno poca voglia di impegnarsi in prima persona. Sono infatti disponibili a spendere di più e utilizzare le proprie risorse per iniziative a favore della sostenibilità, ma non a cambiare i propri comportamenti.

I trend 2023 per Mobilità, Fashion, Food, Sostenibilità, Digital Transformation

Quali sono le sfide e le opportunità nei campi mobilità, food, fashion, sostenibilità e digital transformation? Rispondono Ipsos e Wired con i Wired Trends 2023 e l’Ipsos Global Trends, lo studio globale che dal 2013 misura e monitora i cambiamenti di valori e atteggiamenti in 50 Paesi.
Sulle nuove tendenze della mobilità e del trasporto pubblico e privato i dati raccolti dall’Osservatorio Ipsos sulla mobilità, condotto in collaborazione con Legambiente, mostrano come, ad esempio, la percentuale di piste ciclabili sul totale della rete stradale a Napoli sia dell’1,5%, a Torino e Milano del 6-7%, e a Roma del 2,3%. In Italia la percentuale di suolo occupato dal traffico raggiunge il 35%, e quella occupata dai parcheggi in doppia fila raggiunge il 34% a Torino, il 32% a Milano, il 25% a Roma e il 28% a Napoli. 

Il futuro della moda e del food

I principali fashion trends per il 2023 riguarderanno sostenibilità, business model, tecnologia (con l’affermarsi del Metaverso), diversi canali di vendita e Diversity&Inclusion. Sulla sostenibilità nella moda però molti brand sono soggetti al fenomeno del greenwashing, e si sta diffondendo anche il cosiddetto greenushing. Il 92% dei consumatori smetterebbe di acquistare da brand che non sono portatori di valori etici, ma tra i fattori che condizionano l’acquisto, prezzo, qualità, e fitting sono al primo posto. Quanto al food, nel 2023 guideranno il settore climate change, globalizzazione, salute, e lifestyle. E se il 94% degli intervistati pone più attenzione allo spreco di cibo e il 63% vuole uno stile di vita/regime alimentare più sano solo il 6% segue una dieta vegana o vegetariana.

La sostenibilità

Inoltre, se il 41% vorrebbe che un prodotto non sostenibile venisse sintetizzato in laboratorio il 77% si fida solo dei prodotti naturali.  Negli ultimi 10 anni si è assistito a un cambiamento in positivo per quanto riguarda la consapevolezza generata intorno al tema della sostenibilità, anche grazie allo spostamento dei fondi sugli investimenti Esg. Al tempo stesso, ciò che rimane sotto traccia è l’economia circolare. Il 48% degli intervistati pensa che i cosiddetti green jobs aumenteranno in futuro, ma l’economia circolare è conosciuta da poco più del 40% degli intervistati. 

La digital transformation

Per il 32% delle aziende il principale ostacolo alla transizione digitale è rappresentato dai costi. I dati mostrano come nel 2018 solo il 40% delle aziende aveva iniziato un percorso di transizione digitale, mentre adesso la percentuale ha raggiunto il 66%.
I dati relativi ai cittadini mostrano che il 63% di loro si fida del web, percentuale che ha subito un calo dell’11% negli ultimi tre anni. Secondo il 75% degli intervistati è inevitabile perdere un po’ di privacy in nome del progresso tecnologico, ma il 74% pensa che oggi i social media abbiano troppo potere. E se il 45% è d’accordo sul fatto che il progresso tecnologico stia distruggendo le nostre vite, il 48% non la pensa così. 

Aumenta il fabbisogno di competenze sulla sostenibilità

Nel quadro degli obiettivi dell’Agenda 2030 più della metà delle grandi e medie imprese cerca professionisti del settore in grado di comprendere i processi aziendali, individuarne i punti deboli, riorganizzare la gestione interna e pianificare la migliore strategia in un’ottica di efficientamento e sostenibilità. Secondo l’Osservatorio 4.Manager, Sustainability Manager, Environmental Manager, Governance Manager, Social Manager ed Energy Manager sono le figure più richieste nell’ultimo anno.
“Per affrontare uno scenario geopolitico e geoeconomico in tumultuoso cambiamento assistiamo a una crescita annuale pari al 5% della domanda di competenze manageriali con green skill sempre più precise”, dichiara Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager e 4Manager.

Una strategia di trasformazione di lungo periodo

Il 58% delle grandi e medie imprese (Gmi) e il 40% delle piccole hanno elaborato una strategia di trasformazione di lungo periodo per diventare sostenibili. Le medie e grandi imprese più orientate all’innovazione e alla trasformazione sostenibile sono quelle che negli ultimi tre anni hanno assunto manager (83%), lavoratori con elevate competenze tecniche (87%) e scientifiche (77%), e che hanno incrementato le risorse per la formazione di manager (73%), lavoratori con elevate competenze scientifiche (75%) e tecniche (78%). I principali fattori di attrito alla crescita e allo sviluppo delle imprese sono la difficoltà di reperimento delle competenze sul mercato del lavoro (35%), gli ostacoli di natura normativa o burocratica (31%), e la carenza di competenze manageriali interne (23%).

Sustainability Manager cercasi

“L’Italia deve strutturare un piano che analizzi oggettivamente come rispondere alla crescente domanda di approvvigionamento energetico – continua Cuzzilla – contemperando le esigenze di produzione del sistema industriale, e quindi di crescita del Paese, con quelle di sostenibilità ambientale. È questa la transizione ecologica che auspichiamo nel solco del percorso intrapreso dal Pnrr e che necessita di precise competenze tecniche, scientifiche e manageriali”.
Negli ultimi dodici mesi sono quindi in forte crescita le qualifiche professionali del Sustainability Manager (il Coordinatore sostenibilità, +46%), e altre figure manageriali della sostenibilità più specialistiche (+38%) o di carattere consulenziale (+25%).

Bilanci, Responsabilità sociale, Ambiente, Finanza le competenze più richieste 

Le competenze più richieste, riferisce Adnkronos, riguardano ambiti quali Bilanci (+207%), Responsabilità sociale (+69%), Ambiente, salute, sicurezza (+59%), e Finanza (+42%).  Lo studio rivela poi un’evoluzione del tradizionale paradigma competitivo verso professionalità preparate sui temi Esg (Environmental-Social-Governance), continuamente formate e capaci di rispondere ai fabbisogni delle imprese. In particolare, aumento del volume di affari e della profittabilità attraverso lo sviluppo di business e sistema reputazionale, aumento delle opportunità finanziarie, quindi di accesso al credito, investimento, fiscalità, e potenziamento strutturale della competitività aziendale e delle relazioni con gli stakeholder.

Mamma e papà, i ragazzi italiani li vogliono così

Pazienti, presenti, ricchi di valori ma anche attenti al look, capaci di condividere tempo libero e viaggi, e perchè no pure sportivi e giocosi: i ragazzi italiani disegnano così i genitori italiani ideali. A fotografare l’identikit della famiglia italiana perfetta è l’Osservatorio delle Famiglie Contemporanee di PRG Retail Group realizzato in collaborazione con BVA Doxa. L’indagine condotta su un campione di 1537 individui, di cui 699 genitori equamente distribuiti tra mamme e papà e rappresentativi della popolazione italiana con figli tra 0-14 anni, rivela i tratti del genitore ideale, partendo dal punto di vista dei ragazzi e confrontandolo con quello dei genitori.

Il genitore perfetto

Se il genitore perfetto probabilmente non esiste, nell’immaginario di bambini e ragazzi esiste però il genitore ideale. Ma come dovrebbe essere? In base alle risposte ottenute dagli intervistati, il 55% dei ragazzi tra 8-14 anni intervistati dichiara che pazienza/tolleranza sono in assoluto i tratti principali che il genitore ideale dovrebbe avere. Seguono positività/senso dell’umorismo (48%), generosità (26%), coraggio e gentilezza (entrambi per il 25%). Anche per i genitori pazienza/tolleranza sono caratteristiche imprescindibili per il genitore ideale (49%) così come positività e senso dell’umorismo (41%). Le successive qualità non collimano però con quelle indicate dai ragazzi. Sono educazione/buone maniere (32%), fiducia in se stesso e determinazione (31%). Anche il look però riveste un ruolo importante: il genitore ideale deve essere attento alla moda (88% dei ragazzi intervistati). Deve vestire in modo casual (mamma 34% e papà 37%) e soprattutto la mamma deve seguire i trend della moda (30%). Oltre al look, il linguaggio gioca un ruolo rilevante per il 72% dei ragazzi. Deve essere moderno, vicino a quello dei più giovani (44%) ma senza l’utilizzo delle parolacce.

Il verdetto? “Quasi ideali”

Per più di 3 ragazzi su 5 i loro genitori si avvicinano al loro ideale. Più vicina la mamma (63%) rispetto al papà (58%). I genitori, invece, sono più critici verso loro stessi. Solo il 46% si ritiene vicino all’immagine che ha descritto. Vorrebbero che i loro figli li descrivessero come positivi/con senso dell’umorismo (49%), onesti (39%) e determinati, sottovalutando un po’ l’aspetto della pazienza che per i ragazzi è imprescindibile. Nel descrivere i loro genitori emergono due macro, riconducibili al genere. La mamma è paziente/tollerante (43%) e poi generosa (36%), onesta (33%), positiva/con senso dell’umorismo (32%). Il papà è divertente/ positivo/senso dell’umorismo (42%), ha fiducia in sé/determinato (33%), paziente (31%), coraggioso (30%).

Smartphone: come lo usano Millennials e GenZ in vacanza

Nelle giornate estive, 13 milioni di giovani utilizzano lo smartphone ogni giorno per mandare messaggi, e 9 milioni per inviare vocali, principalmente su Whatsapp (95%), Instagram (71,1%), Facebook (55,7%) e Telegram (40,5%). Facebook si conferma un social popolato principalmente da over 30 mentre Instagram è meno influenzato dall’età, e la popolarità di TikTok è tre volte maggiore tra gli under 20 rispetto ai trentenni. Secondo la ricerca commissionata da Motorola, ripresa da Ansa, durante le vacanze lo smartphone si conferma uno strumento fondamentale per Millennials e GenZ. Non solo per gestire le attività, ma soprattutto per comunicare, produrre contenuti da condividere e gestire le relazioni sociali.

News, app di mappe, pagamenti online, e recensioni

Anche durante l’estate, attraverso il telefono ci si tiene informati e si leggono news, principalmente su Instagram (60,6%). Al secondo posto, per i Millennials c’è Facebook (54,9%), mentre i GenZ si affidano anche ai magazine online (28,7%). In vacanza lo smartphone diventa poi ancora più importante per orientarsi utilizzando app di mappe (67,4%), e guardare video su piattaforme streaming (55,4%), soprattutto i più giovani (58,2%). Sempre più diffuso inoltre l’utilizzo del telefono per i pagamenti online (51,2%, 21-30enni 57,6%), utilizzando funzionalità specifiche di registrazione e condivisione di spese di gruppo (32,4%). Il gaming rimane un’abitudine di intrattenimento per un terzo degli intervistati, mentre i Millennials sono i più attivi nel prenotare e recensire ristoranti, hotel e luoghi visitati (44,8%). Non sfuggono alle video call il 30,3%, anche nei periodi out-of-office.

Ogni giorno, decine di milioni di fotografie e selfie

GenZ e Millennials producono decine di milioni di fotografie e diversi milioni di selfie ogni giorno. Scattare foto è la terza attività quotidiana dopo l’utilizzo di chat (33,6%), e le foto sono il contenuto più condiviso (78%), seguite dai video (56%). A sorpresa le stories, prodotte ogni giorno dal 29,8%, pareggiano il numero di selfie (32,7%), il 31,7% crea Reels e il 15,5% video divertenti da diffondere su TikTok. I Millennials hanno più dimestichezza con i reel (46,2%), mentre fa i 21-30enni prevalgono le IG story (57,3%).
La condivisione però è un’esigenza che accomuna i target, con una propensione della GenZ a utilizzare la chat per inviare foto (48,9%), video (43,6%), e postare selfie sui social (53%).

Editare e modificare i contenuti

Immagini e video vengono spesso riadattati prima di condividerli. La GenZ ricorre maggiormente ai filtri per migliorare foto (32%) e selfie (31,6%), ed è più portata a editare/ritagliare video (19,9%). Andando avanti con l’età ci si dedica maggiormente a veri e propri interventi di ritaglio/montaggio (27,4%), a maggior ragione quando si vuole postare un reel. Nel caso dei post su TikTok, al 32,7% dei più giovani, che edita e modifica i contenuti, si affiancano i late Millennials (31-40 anni), che nel 40,7% dei casi modifica i propri video e nel 33,9% li monta/ritaglia. Quando si tratta di riadattare contenuti foto/video le giovani sono più a loro agio rispetto ai coetanei maschi, che si divertono a modificare video più per diletto che per necessità di condivisione.

Le aziende sono alla ricerca di profili specializzati in “green”

Sono in crescita gli investimenti delle aziende, nel 2021, nel segno della sostenibilità. E questa tendenza si riflette inevitabilmente anche sulle assunzioni, nel senso che i profili maggiormente ricercati hanno una connotazione “green”.  L’attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale si conferma come un requisito di base per entrare nel mercato del lavoro: nel 2021 le imprese hanno richiesto al 76,3% delle assunzioni programmate – pari a oltre 3,5 milioni di posizioni – competenze green, e nel 37,9% dei casi con un grado di importanza per la professione elevato. Lo rivela l’ultima edizione del volume “Le competenze green” del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e ANPAL, realizzata in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di commercio G. Tagliacarne. 

Green Economy prioritaria

Nell’anno passato, infatti, si è assistito a un deciso recupero degli investimenti delle imprese nella Green Economy: il 24,3% delle aziende dell’industria e dei servizi ha investito in tecnologie e prodotti green (+3 punti percentuali rispetto al 2019) e il 52,5% ha investito in competenze green, ripristinando la dinamica positiva che si osservava prima della pandemia. Questi risultati sottolineano l’impegno delle imprese verso la transizione green, fattore  ancor più strategico oggi per superare le fortissime tensioni nel campo energetico dell’approvvigionamento delle materie prime per la guerra in Ucraina.

Le competenze green sempre più trasversali

Questo tipo di necessità, ovvero soddisfare una domanda di esperti in tutto ciò che riguarda la transizione verde, si esplica in diversi gradi a seconda dei comparti economici. Per l’industria, si evidenzia un’elevata richiesta di competenze green nel settore dell’estrazione minerali (sono necessarie per il 79,7% degli ingressi programmati), nel comparto del legno e del mobile (78,8%), nelle costruzioni (78,6%), nelle industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere (78,5%), per le public utilities (77,8%) e per la meccanica (76,8%). Nei servizi si rileva altrettanto strategica la green skill per la formazione (richieste all’84,6% delle entrate), commercio e riparazione autoveicoli e motocicli (84,4%), servizi avanzati e di supporto alle imprese (81,1%) e alloggio, ristorazione e turismo (80,9%).  Le competenze green sono dirimenti per gran parte dei mestieri legati al comparto dell’edilizia, quali ad esempio i tecnici e ingegneri delle costruzioni civili (competenze richieste con elevata importanza al 78,6% e al 71,2% delle entrate) e i tecnici della gestione dei cantieri edili (55%), chiamati a operare sia per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio già esistente, sia nella progettazione e costruzione di nuovi edifici ecosostenibili. Ma non solo, le competenze green sono decisive ai fini dell’assunzione di ingegneri elettronici e in telecomunicazioni (64,5%), tecnici gestori di reti e di sistemi telematici (57,8%), spedizionieri e tecnici della distribuzione (56,4%), tecnici chimici (52,6%), insegnanti nella formazione professionale (52,3%).

Cloud per lo smart working, pagamenti digitali e cybersecurity: così le Pmi si scoprono digital

Inutile negare che la pandemia, con tutte le difficoltà che ha comportato, sia stata una leva che ha fatto accelerare i processi verso la digitalizzazione da parte delle piccole e medie imprese italiane. Ma quello che ne è derivato è senza subbio positivo. All’inizio della pandemia hanno puntato soprattutto sul cloud, per sostenere il lavoro dei dipendenti in smart working, e sui pagamenti elettronici per soddisfare la domanda crescente dei consumatori confinati nelle mura domestiche. Progressivamente, però, hanno volto l’attenzione alla cybersecurity, investimento che si sta rivelando quanto mai strategico nel contesto attuale. A mostrarlo è PidOsserva, l’Osservatorio nazionale dei PID – Punti Impresa Digitale, strutture istituite dalle Camere di commercio nell’ambito del Piano nazionale impresa 4.0. Alla base dell’analisi effettuata da Unioncamere e Dintec, le risposte che tra il 2018 e il 2021 oltre 40mila imprese hanno fornito a “SELF i4.0”, il test di autovalutazione della maturità digitale, presentate oggi nel corso di Orizzonti Live Lab 2022-IoRiparto, rassegna organizzata da IoRiparto in collaborazione con la Camera di commercio Chieti Pescara.
“La pandemia, con le restrizioni che ne sono derivate, ha accelerato la corsa degli imprenditori all’utilizzo del digitale. Sono quasi 450mila le imprese aiutate dai Pid delle Camere di commercio in questo percorso di innovazione ed i risultati cominciano a vedersi: il livello di maturità digitale delle nostre imprese è aumentato di circa il 9% rispetto al periodo pre-Covid”, sottolinea il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli. “E’ ancora marcata, però, la distanza tra le aree del Paese: le regioni del Mezzogiorno hanno una maturità digitale inferiore di oltre 10 punti percentuali rispetto a quelle del Centro-Nord. Un gap che dovrà essere ridotto anche grazie ai progetti del Pnrr”.

Il ruolo dei pagamenti mobili

Tra le tecnologie abilitanti per restare operativi anche da remoto, adottate dalle imprese,  la più diffusa è stata quella relativa ai “pagamenti mobili attraverso internet” (utilizzata oggi dal 41,3% delle imprese) che nel 2020 si collocava al 3° posto; al secondo posto segue il Cloud – al 1° posto nel 2020 – (pari al 39,1%) e al terzo posto la cybersecurity – 4° posto nel 2020 – crescendo progressivamente di importanza (pari al 35,8% degli utilizzi).Rispetto al 2018, le imprese che utilizzano il Cloud e i pagamenti elettronici sono aumentate di 8 punti percentuali; quelle che si avvalgono di strumenti di cybersecurity e che hanno avviato un e-commerce di 9 punti.

I risultati si vedono

Per le aziende che hanno saputo essere più smart, i risultati dei processi di digitalizzazione cominciano a vedersi: i più abili con le nuove tecnologie (i “Campioni digitali” e gli “Esperti”, cioè coloro che applicano con successo i principi dell’Impresa 4.0) sono aumentati di oltre 7 punti percentuali, passando dal 9,78% del 2018 al 17% del 2021. Gli “Specialisti”, che corrispondono a coloro che hanno digitalizzato buona parte dei processi, sono aumentati di 9 punti percentuali, salendo al 38,4% dal 29% di 4 anni fa. 
Il problema, però, è che, pur diminuendo, resta comunque elevata la quota di imprese ancora poco avvezza al digitale. Gli Esordienti, che hanno una gestione tradizionale dei processi aziendali, e gli Apprendisti, che utilizzano solo strumenti digitali di base, sono oggi circa il 45% rispetto ad oltre il 60% del 2018.

La cucina sostenibile: i 5 consigli per ridurre impatto e sprechi

Sostenibilità in ogni aspetto della nostra vita quotidiana, dalle scelte di acquisto che facciamo ai comportamenti che adottiamo:l’attenzione all’ambiente e la riduzione dell’impatto che noi abbiamo sul Pianeta sono oggi delle assolute priorità, condivise dalla gran parte dell’opinione pubblica. Eppure si può fare ancora molto, a partire dai piccoli gesti: ecco cinque facilissime regole per essere sostenibili in cucina, senza rinunce di sorta ma con un indubbio beneficio per il nostro mondo. Le dritte sono state fornite da HelloFresch, servizio di spesa online, e successivamente riprese da Ansa.

Sì alla spesa online e ai meal kit

Per essere più sostenibili in cucina, è opportuno fare la spesa online attraverso portali di comprovata serietà e che assicurano consegne a basse o zero emissioni. Ricevere ogni settimana la propria spesa direttamente a domicilio significa non utilizzare l’auto per andare al supermercato ma non solo. I meal kit, che contengono gli ingredienti già dosati per preparare le varie ricette, consentono anche di eliminare lo spreco alimentare assecondando appieno una filosofia che guarda alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente e delle sue risorse.

Puntare su metodi di cottura sostenibili

Per essere più sostenibili in cucina bisogna prestare attenzione anche ai metodi di cottura che si utilizzano per preparare i vari pasti a casa. Il forno non è di certo il massimo in quanto consuma moltissima energia elettrica, dunque quando lo si accende ci si dovrebbe organizzare in modo tale da cuocere contemporaneamente più di una pietanza. In quanto ai metodi di cottura più sostenibili, ne troviamo anche di innovativi ed originali come ad esempio quello che prevede di sfruttare le temperature della lavastoviglie. In questo caso, si mettono i cibi all’interno di vasetti di vetro ben sigillati e si inseriscono nell’elettrodomestico facendo partire il classico ciclo di lavaggio. Un metodo alquanto bizzarro, ma decisamente sostenibile che conviene provare!

Meglio la cera d’api della pellicola  

La sostenibilità in cucina deriva anche dalle piccole cose, come l’utilizzo dei fogli in cera d’api al posto della classica pellicola trasparente, impiegata per coprire vasetti, contenitori ed alimenti vari.

No alla plastica monouso

Naturalmente, evitare la plastica monouso è fondamentale per essere sostenibili in cucina: sappiamo tutti quanto questo materiale sia inquinante e difficile da riciclare. Meglio dunque non utilizzare piatti, bicchieri e stoviglie in plastica: piuttosto, se proprio occorrono accessori monouso, conviene acquistare quelli in carta o comunque ecologici.

Utilizzare gli scarti delle materie prime

Un ultimo consiglio per essere più sostenibili in cucina è quello di utilizzare gli scarti delle materie prime e in modo particolare quelli delle verdure. Si possono usare per preparare un ottimo brodo vegetale ad esempio, ma anche in altri mille modi: online si trovano diverse ricette per utilizzare gli scarti ed evitare di buttare quello che potrebbe ancora rivelarsi utile per preparare diversi manicaretti.

Twitter dice addio al limite dei 280 caratteri

Addio al limite dei 280 caratteri per i cinguettii: sembra che Twitter abbia intenzione di introdurre una nuova funzione, Articles, con cui gli utenti sarebbero liberi dal vincolo potendo così pubblicare sul loro profilo veri e propri blog. A suggerire la concretezza all’intenzione è l’insider Jane Manchun Wong, reverse engineer di Twitter, che ha pubblicato sul proprio profilo uno screenshot di Twitter Articles.
L’immagine indica che la nuova funzione sarebbe inserita in una sezione a parte dei profili, un po’ come attualmente succede per le audio chat di Twitter Spazi. Non è chiaro quando Twitter Articles sarà lanciato sulla piattaforma, ma negli ultimi mesi la compagnia di San Francisco ha introdotto, e spesso eliminato, diverse aggiunte alla propria offerta base. 

Un limite già “ritoccato” nel 2017

Oltre ai già citati Spazi, nel 2020 Twitter aveva lanciato i Fleets, vere e proprie ‘storie’ à la Instagram, che apparivano sulla parte alta del profilo, poi scomparsi l’anno successivo.
Di fatto, con Articles verrebbe meno un limite di caratteri che rappresenta la caratteristica principale del social cinguettante. Del resto, il limite era stato già ritoccato verso l’alto nel 2017, quando per tutti gli utenti dalle 140 battute stabilite dal giorno del lancio nel 2006, si era passati a 280.

Un tipo di post diverso dai comuni tweet

In ogni caso, per quanto riguarda il limite della lunghezza dei tweet, Articles permetterebbe di comporre messaggi più articolati, non conteggiando immagini o altri file multimediali allegati, e allungando ulteriormente il testo, potrebbe trattarsi di un tipo di post differente dai comuni tweet. Per ora comunque si tratta di funzionalità sperimentali alle quali il social network dell’uccellino sta lavorando, e non ci è dato di sapere se e quando saranno disponibili. Probabilmente è questione di mesi, per ora testate su pochi scelti dal social per verificare l’effettiva utilità delle funzioni in questione. 

Downvote, arrivano anche i non mi piace?

Ma oltre ad Articles, Twitter starebbe sperimentando anche l’introduzione dei downvote, vale a dire i non mi piace, funzione a cui Facebook ha sempre deciso di astenersi per evitare inutili discussioni. Basti pensare a social network ludici come Ludomedia, dove il tasto non mi piace spesso causa litigi e discussioni varie.
Twitter invece starebbe prendendo in considerazione l’idea di esprimere il proprio disappunto a un tweet. Tuttavia, come avviene con i non mi piace su Youtube, gli utenti non potranno conoscere quanti non mi piace ha ricevuto un post. Quindi solo l’autore potrà vederli, in questo modo si evitano non mi piace ingiustificati. Inosmma, Twitter vuole offrire agli utenti la possibilità di esprimere il disappunto ma con criterio.

Il futuro fa un po’ paura: il sentiment dei cittadini del mondo verso il 2022

Altalenanti fra ottimismo e pessimismo, ancora angosciati – ovviamente – dalla pandemia e dai suoi effetti, preoccupati per l’economia e le proprie certezze: pare essere questo, in estrema sintesi, il sentire dei cittadini di tutto il mondo, coinvolti nella tradizionale indagine di fine anno condotta dal network Gallup Inernational, i cui Bva Doxa fa parte per l’Italia. Realizzata in più di 40 Paesi e basata su oltre 40.000 interviste, la ricerca è una realtà consolidata in tutto il mondo, con i suoi Hope e Happiness Index e il tracking relativo all’andamento delle aspettative sulla congiuntura economica.

Circa la metà degli italiani prevede che il 2022 sarà come il 2021

Poche sorprese: gli italiani sembrano essere attendisti nei confronti del 2022. Più nel dettaglio, quasi la metà degli italiani (il 48%) afferma che l’anno prossimo sarà del tutto simile al 2021, mentre la quota di chi crede che il 2022 sarà peggiore del 2021 si attesta al 36%. Solo poco più di un italiano su dieci (14%) vede nel 2022 un anno migliore rispetto a quello che sta per concludersi. I giovani, i laureati e i cittadini del Nord-Ovest risultano più ottimisti guardando al 2022, mentre i più pessimisti sono gli over 54 e i residenti al Nord-Est. 

Economia, aspettative basse

Sul fronte delle aspettative sulla congiuntura economica, la maggioranza degli italiani crede che il 2022 sarà caratterizzato da difficoltà (il 46%) o da una situazione equivalente a quella già vissuta nel 2021 (41%). Anche in questo caso, un italiano su dieci è convinto che il 2022 sarà un anno di prosperità economica. Nonostante il quadro dettato dall’emergenza pandemica, i giovani sono più positivi anche sulla possibilità di superare le difficoltà economiche. Nonostante la pandemia non stia lasciando ampi spazi a scenari diversi da quelli vissuti quest’anno, sembra che tra gli Italiani prevalgano sensazioni positive: il 39%, infatti, si dice felice, contro solo un 7% che si dichiara infelice, mentre la maggioranza si dice né felice né infelice (53%). Anche in questo caso, i giovani italiani, insieme ai laureati e ai cittadini del centro Italia sono le persone più felici del nostro Paese. Il Nord-Est, al contrario, si conferma l’area con la quota più elevata di pessimisti.

La felicità nel mondo

Nonostante la pandemia e le difficoltà economiche, anche quest’anno la felicità personale prevale. In termini di felicità personale, le persone in tutto il mondo si dicono piuttosto soddisfatte. Il 56% della popolazione mondiale si considera ora “piuttosto felice o molto felice”, oltre un decimo afferma di essere più o meno infelice, mentre quasi un terzo dice di non essere “né felice, né infelice”. Secondo l’Happiness Index di Gallup la top 5 dei Paesi con i cittadini più felici è la seguente: Colombia (+79), Kazakistan (+76), Albania (+74), Malesia (+73) e Azerbaijan (+70). Al contrario, la top 5 dei paesi con i cittadini più infelici comprende: Ghana (+2), Afghanistan (+9), Hong Kong (+11), Iraq (+17) e Russia (+18). Come accaduto spesso in passato, America Latina, Africa e Asia orientale sono tra le macroregioni più felici del mondo. L’Europa, il Medio Oriente e la Russia, al contrario, sono più infelici. Gli Stati Uniti, infine, totalizzano un punteggio in media con il dato mondiale.