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I prodotti più cercati del Black Fiday

Ormai Black Friday è diventata un’espressione di uso corrente. Così tanto usata (e forse abusata), che gli italiani che cercano “Black Friday” hanno raggiunto una proporzione di 10 a 1 rispetto a chi digita semplicemente “sconti”. A fotografare le ricerche sul web dei nostri connazionali è stato uno studio condotto da  AvantGrade.com nel mese di novembre. Le parole chiave che hanno registrato una forte impennata sono state “Amazon black Friday in anticipo”, “Amazon black Friday 2020 date”, “Zara black Friday 2020”, “data black Friday 2020 Italia”. Oltre ad Amazon, che promuove pagine sugli annunci delle Pmi, le piccole e medie imprese italiane, l’interesse verso il Black Friday è associato ad alcuni brand del retail legati alla tecnologia: i più cercati sono stati Euronics, Unieuro, Mediaworld. In ambito moda svettano Zalando e le ricerche legate alle scarpe Lidl.
Ricerche aumentate del 12% rispetto al 2019

Interessanti anche i dati rilevati da SEMrush, piattaforma per la gestione della visibilità online, che dimostrano come le ricerche online “Black Friday” sono aumentate del 12% rispetto allo scorso anno. In crescita anche le digitazioni relative al Cyber Monday (+14%), ovvero il lunedì successivo, dedicato principalmente ai ribassi su prodotti di elettronica e informatica. 

Cosa vogliono gli italiani

Con quasi 4.7 milioni di digitazioni sui motori di ricerca solo nel mese di novembre, il prodotto che sta suscitando più interesse in assoluto è la PlayStation 5. Oltre a giocare, però, gli italiani sembrano appassionarsi anche alla pulizia della casa: non per niente il secondo prodotto più cercato è “Dyson Black Friday”, digitato 7.8 mila volte, con un incremento del 140% rispetto allo scorso anno. Grande interesse anche per i prodotti della Apple. Tra questi il più cercato è l’iPhone 11, anche se in calo rispetto all’anno passato (3.5 mila, -46%), mentre quello con l’incremento maggiore nel 2020 sono gli Airpods pro, con un +767%. In generale, invece, il prodotto che fa segnare il più alto tasso di crescita è il tablet che, come riporta Ansa, indipendentemente dalla marca segna il +2.000%.

Le piattaforme più utilizzate

Non sorprende che nel periodo esaminato la piattaforma più consultata sia Amazon.it, con una media di oltre 260 milioni accessi mensili, quasi il 50% in più rispetto all’anno scorso, mentre lo shop con il maggior incremento generale è Unieuro.it, a +69% (12 milioni ricerche). Da desktop dopo il colosso Amazon segue eBay, con 30 milioni di accessi, posizioni che rimangono stabili anche per le ricerche da mobile.

L’economia circolare in Italia

In Italia nel dibattito pubblico degli ultimi anni il concetto di sostenibilità è sempre più presente. Il termine sostenibilità indica un insieme di comportamenti e scelte, individuali e collettive, orientate a principi etici e a logiche di lungo periodo, che hanno l’obiettivo di coniugare la salvaguardia di risorse limitate e il benessere delle generazioni presenti e future, generando un circolo virtuoso. Secondo Legambiente, la sostenibilità si declina in tre ambiti principali: economica, sociale e ambientale. L’economia circolare è quindi un modello industriale basato sulla sostenibilità attraverso il riutilizzo delle risorse, dove tutte le attività sono organizzate affinché i rifiuti possano diventare risorse da reintrodurre nel ciclo di produzione di nuovi beni, tramite il ripetersi del riutilizzo/riciclo.

Il 40% degli italiani conosce i principi alla base dell’economia circolare

L’economia circolare riduce quindi al minimo gli scarti puntando su loro uso per la creazione di nuove materie prime, prevedendo e studiando sin dall’inizio del processo la loro valorizzazione.

Ma cosa ne pensano gli italiani? Il 76% dei nostri connazionali conosce il concetto di sostenibilità, e il 40% i principi alla base dell’economia circolare. Per il 72%, poi, il Recovery Fund è importante per un rilancio green dell’economia all’insegna della circolarità, della sostenibilità e della lotta alla crisi climatica. Si tratta di alcuni dati raccolti dall’indagine L’Economia Circolare in Italia, condotto da Ipsos e a cura di Legambiente e Conou (Consorzio nazionale per la raccolta e gestioni degli oli minerali usati) e presentato nel corso della VII edizione dell’EcoForum, la conferenza nazionale sull’economia circolare organizzata da Legambiente, Kyoto Club e La Nuova Ecologia.

Il 61% dei cittadini intervistati riconosce un ruolo importante alla sostenibilità

Per quanto riguarda il ruolo giocato dall’Europa nell’indirizzare l’Italia verso uno sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista ambientale sia sociale, il 61% dei cittadini intervistati ne riconosce un ruolo importante, mentre il Green Deal europeo è ancora poco conosciuto: solo il 42% ne ha un’opinione positiva. Dati, questi, che confermano la fiducia crescente dei cittadini su questo nuovo modello di economia, anche se dall’altro canto restano le preoccupazioni per i problemi del Paese, riporta la Repubblica.

Dopo l’occupazione, ambiente e mobilità sono le questioni prioritarie da affrontare

L’80% degli intervistati si dice però preoccupato a livello nazionale per l’occupazione e l’economia, il 45% per il welfare e il 39% per il funzionamento delle istituzioni.

A livello locale, inoltre, se occupazione ed economia restano le questioni prioritarie da affrontare, per il 47% degli intervistati al secondo posto compaiono l’ambiente (32%) e la mobilità (27%).

Nel 2020 è boom di proposte di matrimonio durante il lockdown e le vacanze

La quarantena e le vacanze estive sembrano aver creato lo scenario ideale per le coppie che hanno deciso di convolare a nozze. Il confinamento ha infatti rovesciato tutte le statistiche, che vedono l’inverno, e in particolare il Natale, come il periodo in cui si verifica il maggior numero di proposte di matrimonio.

Quest’anno l’aver vissuto circostanze eccezionali come il lockdown lo ha reso simile alle vacanze, ovvero quando si verificano più fidanzamenti ufficiali.

Ma quali fattori hanno reso simili questi periodi? Forse, durante la quarantena si sono presentati fattori propizi all’aumento di proposte. Come l’avere vissuto un momento di riflessione e di relax, ideale per poter trascorrere più tempo con il partner.

Fare un passo avanti all’interno della storia d’amore

Durante il lockdown, così come durate le vacanze estive, passare insieme al partner più tempo del solito è un’occasione per riflettere e ha portato molte coppie alla decisione che segnerà il resto della loro vita. Una proposta di matrimonio lontana da ciò che siamo abituati a vedere, ma che continua a confermare che l’amore è generoso, testardo, non si preoccupa delle circostanze o delle situazioni, e può superare tutto. Secondo il Libro Bianco del Matrimonio di Matrimonio.com, pubblicato in collaborazione con Google ed Esade, per la stragrande maggioranza delle coppie (75,5%), la ragione principale che spinge a sposarsi e a consolidare un progetto di vita comune è proprio il desiderio di fare un passo avanti all’interno della storia d’amore.

La tradizionale proposta di matrimonio in Italia

Anche se può sembrare un cliché hollywoodiano, la scena di inginocchiarsi per proporre il matrimonio è una scena che si svolge ancora nel nostro Paese. Sempre secondo il Libro Bianco del Matrimonio nel 55% dei casi la proposta di matrimonio avviene mentre la coppia è sola, cercando di creare un’atmosfera romantica e intima in cui siano presenti solo i due innamorati. Il 7% festeggia il fatidico sì con i genitori e il 4% con gli amici, riporta Adnkronos. Ma di chi è l’iniziativa? Sempre secondo il Libro Bianco del Matrimonio, l’iniziativa non è più solo del futuro marito come vuole la tradizione: nel 42% delle coppie l’iniziativa è di entrambi, anche se solo nel 3% dei casi arriva da lei.

Nel 2019 il periodo natalizio è il momento più gettonato per dire sì

In Italia, secondo un sondaggio condotto da Matrimonio.com, alle coppie che si sono sposate nel 2019 il periodo natalizio è il momento più gettonato dell’anno per fare la proposta, gli stessi fattori di relax, disconnessione e riflessione ben presenti durante i mesi di quarantena. Queste condizioni, oltre al fatto che il 68% delle coppie italiane convive già prima del matrimonio, o che passare del tempo di qualità con il partner sia l’aspetto che fa sentire più amati (fondamentale per il 57% delle coppie), fanno pensare che la quarantena sia diventato il luogo e il momento perfetto per prendere la decisione di andare all’altare.

Per gli italiani il cibo è buono se è sano e fa bene

Mangiare bene significa prendersi cura di se stessi e degli altri. Il concetto di bontà per gli italiani è un circolo virtuoso, senza per questo dover rinunciare al gusto. Per gli italiani infatti il cibo è buono se è sano e fa bene, non solo alla salute, ma anche agli altri e all’ambiente. Una ricerca Bva Doxa per W.K. Kellogg mostra infatti che per il 35% degli italiani l’aspetto più influente al momento dell’acquisto di beni alimentari è legato ai benefici per la salute, seguito dalla solidarietà verso gli altri (25%) e dal gusto (22%). In ultima posizione, il prezzo e la convenienza, ritenuti fondamentali dal 18% degli intervistati.

La responsabilità sociale, un valore in crescita

Ma la pandemia sembra aver accresciuto la sensibilità degli italiani nei confronti della responsabilità sociale. Due italiani su 3 dichiarano di essere più sensibili al tema, soprattutto al Sud e nelle Isole (73%). Per il 95% degli italiani è poi importante sapere che i prodotti acquistati provengano da aziende e brand attenti alla sostenibilità in generale. Non solo. Otto italiani su 10 sarebbero “certamente” e “probabilmente” disposti a riconoscere un valore, ad esempio un sovrapprezzo,– per comprare prodotti di brand impegnati in prima linea con iniziative e progetti ad hoc per supportare e tutelare gli altri.

Il ruolo delle aziende

Dalla ricerca di W.K. Kellogg, riporta Askanews, emerge anche un forte interesse nel conoscere e venire aggiornati sulle diverse attività di responsabilità sociale messe in campo dalle aziende. Per il 95% del totale è, infatti, importante che le iniziative vengano comunicate e il 91% è interessato a venirne a conoscenza. Soprattutto attraverso la promozione sulle confezioni (81%), in televisione (49%), sul sito dell’azienda (39%), tramite materiali nei punti vendita (37%) e sui social network (35%). La responsabilità sociale mette dunque d’accordo gli italiani, anche se poi si dividono tra una colazione nel silenzio della casa vuota alle prime ore del mattino (47%), e un pasto del risveglio in compagnia del proprio partner o dei propri figli (38%).

Benefici nutrizionali, e attenzione per l’ambiente

Kellogg, in linea con questi trend, ha avviato una campagna in partnership con Banco Alimentare negli store Coop in diverse regioni italiane, che porterà alla donazione di 500.000 colazioni ai più bisognosi. “Avere dei prodotti semplici, poco processati, ma gustosi e con un ruolo nel sociale è quello che ci chiedono i consumatori – commenta Elisa Tudino, brand activation Lead di Kellogg Italy – oggi è fondamentale che un prodotto abbia chiari benefici nutrizionali, ma sia attento all’ambiente e, soprattutto per noi italiani, piacevole al gusto”.

Sviluppatori, dopo l’emergenza è boom di richieste

Gli sviluppatori italiani, compresi quelli freelance, stanno vivendo un momento di grande dinamicità. L’emergenza legata al coronavirus e il lockdown, infatti, tra i tanti danni hanno invece spalancato le porte a molteplici possibilità di lavoro. La tendenza è emersa dall’indagine condotta da BitBoss startup innovativa incubata presso l’Incubatore di Imprese Innovative del Politecnico di Torino, con l’intento di scattare una fotografia dell’ecosistema degli sviluppatori di software in Italia.

Più richieste di collaborazioni

Proprio dalla ricerca si scopre che, al contrario di quanto accaduto per tante professioni, le misure per il contenimento del contagio hanno provocato un incremento in termini di volume delle richieste di collaborazione fatte a coloro che svolgono la professione di sviluppatore in proprio. Il 35,5% del campione intervistato, infatti, dichiara di aver registrato un aumento della mole di lavoro. Solo il 17,3% ammette di aver subito una flessione negativa durante i mesi di lockdown, mentre la restante parte sostiene di non aver affrontato mutamenti significativi. Il bilancio del settore, con simili percentuali, è perciò largamente positivo.

Digitalizzazione, ormai è una necessità

“Con alta probabilità, l’impatto positivo sul settore dei developers freelance è stato causato dalla spinta alla digitalizzazione attuata dalle imprese che hanno visto mutare le abitudini di consumo dei propri clienti. Ciò che emerge dai dati, è che l’ecosistema degli sviluppatori indipendenti dimostra di essere in salute, di avere grandi potenzialità e di essere stato in grado di crescere nonostante il contesto economico difficilissimo” ha commentato Tommaso Salvetti, amministratore delegato e co-founder di BitBoss. “Con pochi anni di formazione mirata (che può avvenire anche in autonomia), chiunque, in qualsiasi parte d’Italia, può stringere sinergie con aziende situate in qualsiasi parte del mondo, favorendo lo sviluppo del proprio territorio. Studenti, famiglie e istituzioni sono consapevoli di questa opportunità?”.

L’identikit dello sviluppatore made in Italy

I professionisti italiani di questo specificano settore si occupano principalmente di soluzioni in ambito web, siti e app, applicazioni mobile e software per computer. Circa il 25% degli sviluppatori intervistati possiede una laurea coerente con la professione intrapresa. Questi esperti operano principalmente da casa per committenti finali e società che si occupano di sviluppo software. Più del 25% degli intervistati dichiara di sviluppare per più di 50 ore a settimana. Solo l’8,6% abbandonerebbe con certezza la libertà di un lavoro autonomo in favore della maggior sicurezza di un lavoro subordinato. Buoni anche i compensi dichiarati: il 71% degli sviluppatori con più di 5 anni di esperienza non applica mai tariffe giornaliere lorde inferiori ai 150 euro, mentre il 52% non scende mai sotto il tetto dei 200 euro al giorno.

Casa più green e conviviale. Le nuove abitudini post Covid-19

Gli italiani hanno maturato nuove abitudini e nuove esigenze legate al modo di vivere la propria abitazione. E se il tempo dedicato alla cucina è in crescita, il 29% degli italiani ora invita spesso gli amici a mangiare a casa. Ma è sempre più diffusa anche la passione per la cura delle piante, con il 39% degli italiani che dedica più tempo al giardinaggio, e il 27% che possiede un orto. Durante il lockdown avere una casa con uno sfogo all’aperto si è rivelata una risorsa fondamentale. Balconi, terrazzi, e per i più fortunati, anche giardini e orti, sono stati un vero salvavita durante questo periodo così duro. Questi spazi però rimangono centrali anche nella nuova fase dell’emergenza, in cui la casa rimane un punto di riferimento, ma con la bella stagione e le giornate calde si ha voglia di trascorrere più tempo all’aria aperta e in compagnia, continuando a sentirsi al sicuro e protetti.

La cura delle piante è un trend in crescita

Secondo i dati GfK Sinottica il 74% ha almeno un balcone, e quasi uno su due (47%) un terrazzo. Ancora più fortunato quel 42%  che vive in una casa con giardino. In questi spazi all’aperto si esprime la voglia di stare a contatto con il verde, tanto che uno dei trend in crescita negli ultimi anni è quello della cura delle piante: il 39% degli italiani dedica tempo al giardinaggio. Un dato in crescita del +3% rispetto al 2012 e del +13% tra i Baby Boomer. Ma non solo fiori e piante d’appartamento. Un quarto della popolazione (27%) possiede e coltiva un orto. Insieme allo smart working la maggiore richiesta di spazi green, possibilmente all’aperto, sarà sicuramente uno dei trend che influenzerà la nuova concezione di casa nei prossimi anni.

Comoda e accogliente, la casa deve raccontare di sé

Non più luogo da frequentare pienamente solo nei fine settimana, ma spazi e ambienti disegnati per rispondere alle esigenze di chi la abita durante tutto l’arco della giornata, quindi. Ma quali sono le attitudini e le aspettative degli italiani nei confronti della propria abitazione? In generale, dovrebbe essere un luogo caldo, fatto per la comodità e l’espressione del sé, per l’accoglienza di chi lo vive e per coltivare le relazioni. Il 58% degli italiani desidera infatti una casa dove gli oggetti e gli arredi raccontino la propria personalità. Un’ambizione particolarmente forte tra Millennial e Generazione X.

Cresce l’abitudine di invitare gli amici a cena

Il 29% degli italiani inoltre invita spesso gli amici a mangiare a casa propria (un’abitudine consolidata soprattutto tra i Millennial) e oltre la metà (55%) dichiara di dedicare molto tempo alla cucina. Anche questo un trend in crescita: +5% rispetto al 2012. La casa, il suo vissuto e i sui spazi verdi, offrono però anche interessanti spunti operativi alle aziende che lavorano in questi settori. 

In Italia a maggio mutui più bassi del mondo

Il lockdown ha determinato uno stop temporaneo alle compravendite di immobili, e con esse alla richiesta di mutui. Uno dei settori più colpiti dagli effetti collaterali del Coronavirus è stato proprio quello immobiliare, anche se con l’allentamento delle restrizioni il settore sta lentamente tornando alla normalità. Ma come sono cambiati i tassi in Italia, in Europa e in alcuni Paesi del mondo? Per rispondere a questa domanda Facile.it e Mutui.it hanno analizzato gli indici in 18 Stati, scoprendo che l’Italia è la nazione dove chiedere un finanziamento costa meno. L’analisi è stata effettuata prendendo in considerazione un immobile di valore pari a 180.000 euro, una richiesta di mutuo di 120.000 euro e un piano di restituzione ventennale.

Azzerata la distanza tra tasso fisso e variabile

Nel nostro Paese questo tipo di finanziamento è indicizzato con TAEG tra 0,75% e 0,80% se fisso, e fra 0,73% e 0,77% se variabile. L’Italia, inoltre, è anche l’unico Paese tra quelli analizzati dove la distanza in termini di punti percentuali tra tasso fisso e variabile si è azzerata, e in alcuni casi, il primo risulta addirittura più conveniente rispetto al secondo. In Europa, guardando al tasso fisso, si avvicinano ai valori italiani solo la Francia, dove il mutuo viene indicizzato allo 0,80%, e la Germania (0,83%). Fanno peggio, invece, alcuni Paesi europei che tradizionalmente avevano tassi di interesse più contenuti, o comunque simili a quelli italiani, come la Spagna, dove il finanziamento è indicizzato all’1,20%.

I mutuatari europei pagano di più

Sempre restando entro i confini europei, le indicizzazioni del tasso fisso (considerando il TAEG) vadano dall’1,40% della Danimarca, al 2,02% della Norvegia fino al 3,20% rilevato nel Regno Unito. Sebbene per la Svizzera e la Grecia sia stato possibile rilevare solo il TAN e non il TAEG, è evidente come anche i mutuatari di queste due nazioni si trovino a pagare tassi notevolmente maggiori, e pari, rispettivamente, all’1,26% e al 4,82%. Anche rispetto al tasso variabile tra i Paesi analizzati in Europa nessuno fa meglio dell’Italia, e le offerte rilevate vanno dallo 0,80% della Spagna fino al 3,10% del Regno Unito.

Negli USA il tasso fisso è sei volte quello italiano

Quali sono le condizioni applicate ai finanziamenti in altre parti del mondo? Considerando come indice di riferimento rilevabile in ogni nazione il TAN, e guardando ai tassi fissi, gli indici variano dall’1,85% di Singapore al 2,60% del Giappone, il 3,24% del Canada e il 4,65% della Cina. Negli USA, nonostante i valori siano scesi ai minimi storici nelle ultime settimane, il fisso resta intorno al 3%, vale a dire sei volte quello italiano (0,50%). Per i tassi variabili, invece, si va dall’1,68% di Singapore al 2,10% in Canada, il 2,50% di Hong Kong e il 2,69% dell’Australia.

Discorso a parte meritano economie emergenti come il Brasile o la Russia, dove i tassi fissi rilevati risultano davvero proibitivi, rispettivamente il 7,15% e il 10%.

Cibo e innovazione, italiani divisi fra tradizione e curiosità

Per i consumatori italiani l’innovazione alimentare è importante, anche se c’è chi preferisce non prendersi troppi rischi. Per molti un prodotto innovativo è un cibo già pronto, ma buono e sano, e alcuni mettono l’accento sulla sostenibilità e sulla proposta di nuovi sapori, prodotti però a partire dalla riscoperta di materie prime antiche o dimenticate. In ogni caso, la curiosità verso nuovi sapori e nuove emozioni associate al cibo riveste un ruolo fondamentale per la maggioranza dei consumatori. È quanto emerge dalla ricerca BVA/Doxa dal titolo L’innovazione nel food dal punto di vista del consumatore, secondo la quale per i più giovani è centrale l’apertura ad altre culture, e l’attenzione nei confronti della sostenibilità.

Il gusto resta una componente fondamentale

L’innovazione alimentare è una cosa seria per il 76% degli italiani, e 1 consumatore su 4 la considera molto importante. Anche perché non è soltanto una questione di scienza e tecnica, ma riguarda una dimensione emozionale. Per il 60% degli intervistati, infatti, innovazione è sinonimo di curiosità o esplorazione. Ma che cosa s’intende per innovazione alimentare? Secondo la ricerca il gusto resta una componente fondamentale. Al quale va però associato il legame con la tradizione alimentare italiana in un’ottica di ibridazione che punta alla rielaborazione e alla creazione di sapori nuovi e sorprendenti.

Innovativi, ma non troppo

Il 69% dei consumatori, però, è diviso fra esigenze contrastanti, come la necessità di seguire una dieta variata ed equilibrata e avere a disposizione cibi pratici da utilizzare e cucinare. Tra questi innovatori moderati rientrano gli “esploratori del giardino” (42%) e gli “esploratori curiosi” (27%). Per i primi, prevalentemente donne con figli, l’innovazione è un modo per portare novità nella cucina quotidiana, mentre per i secondi, composto in maggioranza da uomini, l’innovazione è un modo per stupirsi e aprirsi a esperienze inedite.

Ma oltre la maggioranza si presentano due poli opposti. Da un lato, ci sono gli “innovatori spinti” (15%), principalmente giovani attenti alle nuove tendenze in campo alimentare, dall’altro, i “tradizionalisti convinti” (16%), per cui le ricette tradizionali e familiari costituiscono un patrimonio da rispettare e tramandare.

New ready to eat, eco & safe e new tradition

Per il 37% il prodotto innovativo deve essere “new ready to eat”. L’innovazione è quindi associata a un alimento già pronto e facile da consumare. Per il 23% invece l’innovazione è qualcosa di “eco & safe”, ovvero un cibo prodotto con metodi di coltivazione o allevamento sostenibili. Un altro 23% poi guarda alla cosiddetta “new tradition”, una produzione alimentare che punta alla scoperta e alla diffusione di nuovi sapori che però mantengono una continuità con la tradizione. In questa categoria rientrano, ad esempio, i prodotti da forno che usano farine derivate dalla macinazione di grani antichi, o proposte alternative come la “carne non carne” e il mondo del plant based. Ma il 17% considera innovativa “la natura nel piatto”, con al centro il biologico e i cibi salutari.

Facebook e YouTube bloccano più fake news di Twitter

Bufale sui social legate al Coronavirus: Facebook e YouTube se la cavano meglio di Twitter nella lotta alla disinformazione sull’epidemia. A renderlo noto è uno studio dell’università di Oxford e del Reuters Institute, che ha esaminato 225 post pubblicati sui social media e sottoposti a fact checking. Dei 225 post, giudicati falsi, ben il 59% è rimasto indenne su Twitter, riuscita quindi a bloccare, o comunque a etichettare come bufala, solo 4 fake news su 10 (41%). YouTube invece ha fermato il 73% dei post, e Facebook il 76%, lasciandone passare circa 1 su 4, il 24%.

Fake news, il 59% sono notizie manipolate e il 38% inventate di sana pianta

Da gennaio a marzo, si legge nello studio, il numero di controlli sulle notizie in circolazione in lingua inglese è aumentato del 900%. Nel merito delle fake news, per il 59% si tratta di notizie spesso vere che vengono manipolate, distorte, ricontestualizzate e rielaborate, mentre il 38% sono inventate di sana pianta. Sui social, tuttavia, a circolare di più sono le notizie manipolate, che danno vita all’87% delle interazioni, ovvero a un coinvolgimento maggiore da parte degli utenti, mentre le notizie completamente inventate rappresentano il 12%, riporta Ansa.

Il 20% delle bufale proviene da politici o celebrità

Per quanto riguarda le fonti della disinformazione, le notizie provenienti da politici, celebrità e altre figure di spicco costituiscono il 20% delle bufale prese in esame, ma danno vita al 69% del coinvolgimento sui social. Quanto ai contenuti, la categoria più presente, il 39%, riguarda dichiarazioni manipolate o inventate in merito ad azioni e norme di autorità pubbliche, compresi rappresentanti dei governi e autorità internazionali, come l’Oms e l’Onu.

Ma la maggior parte di contenuti falsi è generato da persone comuni  

La maggior parte di contenuti falsi però viene generato da persone comuni. In alcuni casi non è stato possibile analizzare a fondo la portata della notizia diffusa, in quanto l’analisi non è in grado di tracciare la diffusione tramite canali privati o le applicazioni di messaggistica istantanea, riferisce Tomshw.it.

In ogni caso, questo dimostra che la lotta alla disinformazione è più importante che mai. Anche perché le bufale legate alla diffusione del Covid-19 hanno portato in alcuni casi anche a gesti estremi. Come è accaduto in Gran Bretagna, dove sono state bruciate alcune centraline di rete per la credenza a una correlazione fra il Coronavirus e il 5G.

Italiani in lockdown, emergono nuove abitudini di acquisto

Cresce fra gli italiani il livello di preoccupazione per l’emergenza coronavirus, e se ora gli acquisti si concentrano sui beni di prima necessità a cambiare sono anche le strategie per fare la spesa. E il giudizio sui brand si “raffredda”.

Questi i primi effetti del lockdown sulle abitudini e i consumi degli italiani registrati dal monitoraggio settimanale di GfK sulle conseguenze del Covid-19 su stili di vita e strategie di consumo. I risultati riferiti alla prima settimana del lockdown evidenziano quindi un consumatore in costante e rapida evoluzione.

Nel carrello i beni essenziali, ma anche i libri

Ancora in crescita le preoccupazioni degli italiani, sia per la diffusione del Coronavirus (+11%) sia per la situazione economica attuale e futura, e aumenta anche la paura di non trovare nei negozi i prodotti di cui si ha bisogno, specialmente al Sud. I consumi si concentrano quindi sempre più sui beni essenziali, e cala la voglia di fare acquisti, anche online. Gli italiani mettono nel carrello soprattutto prodotti come pane, latte, farina, zucchero, prodotti per l’igiene personale, disinfettanti, acqua e surgelati. Tra le categorie che resistono ci sono però i libri, che tornano a essere un bene necessario per un numero crescente di persone.

L’importo medio della spesa cresce del +26%

Dopo la prima settimana di acquisti “compulsivi”, ma poco organizzati, e una seconda caratterizzata da un incremento della frequenza degli acquisti, durante la prima settimana di lockdown gli italiani sembrano aver elaborato nuove strategie. L’importo medio della spesa cresce del +26% e si fanno acquisti più attenti, per evitare di dover tornare spesso in negozio. Si annullano poi le differenze tra giorni infrasettimanali e sabato, solitamente il più importante per la spesa, a cresce ancora la penetrazione del canale online (+16%).

Verso un nuovo consumatore post-traumatico L’isolamento forzato in casa sta cambiando sicuramente anche il modo in cui gli italiani si rapportano con i brand. Rispetto alla settimana precedente, GfK registra un giudizio maggiormente positivo sulla Distribuzione, mentre le aziende sono viste come poco attive, e poco vicine. Mai come oggi i consumatori chiedono ai brand una maggiore capacità di entrare in sintonia con il sentiment del momento. Rimane da capire cosa cambierà quando tutto questo sarà finito. Le aziende avranno a che fare con un consumatore “post-traumatico”, con nuove abitudini di consumo, nuove paure, e nuovi stili di vita. Ma anche desideri inespressi che emergeranno alla fine della quarantena