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Autore: Dorothy Gonzaletti

I trend 2023 per Mobilità, Fashion, Food, Sostenibilità, Digital Transformation

Quali sono le sfide e le opportunità nei campi mobilità, food, fashion, sostenibilità e digital transformation? Rispondono Ipsos e Wired con i Wired Trends 2023 e l’Ipsos Global Trends, lo studio globale che dal 2013 misura e monitora i cambiamenti di valori e atteggiamenti in 50 Paesi.
Sulle nuove tendenze della mobilità e del trasporto pubblico e privato i dati raccolti dall’Osservatorio Ipsos sulla mobilità, condotto in collaborazione con Legambiente, mostrano come, ad esempio, la percentuale di piste ciclabili sul totale della rete stradale a Napoli sia dell’1,5%, a Torino e Milano del 6-7%, e a Roma del 2,3%. In Italia la percentuale di suolo occupato dal traffico raggiunge il 35%, e quella occupata dai parcheggi in doppia fila raggiunge il 34% a Torino, il 32% a Milano, il 25% a Roma e il 28% a Napoli. 

Il futuro della moda e del food

I principali fashion trends per il 2023 riguarderanno sostenibilità, business model, tecnologia (con l’affermarsi del Metaverso), diversi canali di vendita e Diversity&Inclusion. Sulla sostenibilità nella moda però molti brand sono soggetti al fenomeno del greenwashing, e si sta diffondendo anche il cosiddetto greenushing. Il 92% dei consumatori smetterebbe di acquistare da brand che non sono portatori di valori etici, ma tra i fattori che condizionano l’acquisto, prezzo, qualità, e fitting sono al primo posto. Quanto al food, nel 2023 guideranno il settore climate change, globalizzazione, salute, e lifestyle. E se il 94% degli intervistati pone più attenzione allo spreco di cibo e il 63% vuole uno stile di vita/regime alimentare più sano solo il 6% segue una dieta vegana o vegetariana.

La sostenibilità

Inoltre, se il 41% vorrebbe che un prodotto non sostenibile venisse sintetizzato in laboratorio il 77% si fida solo dei prodotti naturali.  Negli ultimi 10 anni si è assistito a un cambiamento in positivo per quanto riguarda la consapevolezza generata intorno al tema della sostenibilità, anche grazie allo spostamento dei fondi sugli investimenti Esg. Al tempo stesso, ciò che rimane sotto traccia è l’economia circolare. Il 48% degli intervistati pensa che i cosiddetti green jobs aumenteranno in futuro, ma l’economia circolare è conosciuta da poco più del 40% degli intervistati. 

La digital transformation

Per il 32% delle aziende il principale ostacolo alla transizione digitale è rappresentato dai costi. I dati mostrano come nel 2018 solo il 40% delle aziende aveva iniziato un percorso di transizione digitale, mentre adesso la percentuale ha raggiunto il 66%.
I dati relativi ai cittadini mostrano che il 63% di loro si fida del web, percentuale che ha subito un calo dell’11% negli ultimi tre anni. Secondo il 75% degli intervistati è inevitabile perdere un po’ di privacy in nome del progresso tecnologico, ma il 74% pensa che oggi i social media abbiano troppo potere. E se il 45% è d’accordo sul fatto che il progresso tecnologico stia distruggendo le nostre vite, il 48% non la pensa così. 

I dipendenti italiani temono l’hacking dei robot

Oggi la robotica viene utilizzata per gestire sistemi di controllo industriale, processi produttivi e altre tecnologie informatiche. Sostituendo il lavoro manuale migliora efficienza, velocità, qualità e prestazioni. Uno studio di Kaspersky sulle conseguenze dell’automazione e dell’aumento dell’uso dei robot mostra il crescente livello di robotizzazione nelle aziende, ma ne evidenzia il maggior numero di rischi per la cybersicurezza. Oggi, il 51% dei dipendenti in Italia dichiara che le loro aziende utilizzano già i robot, e il 21% prevede di utilizzarli nel prossimo futuro. L’81% ritiene poi che i robot debbano essere più utilizzati in diversi settori, ma il 75% teme l’hacking dei robot.

La robotizzazione riduce i rischi per la vita e la salute…

Gli intervistati ritengono che i robot possano aiutare le industrie ad aumentare i benefici economici e a salvare le persone da mansioni pericolose. Questo punto di vista è condiviso da quasi due terzi dei dipendenti italiani: il 41% ritiene che l’uso dei robot possa accelerare e aumentare l’efficienza dei processi produttivi e ridurre i costi, e il 54% che in futuro la robotizzazione possa sgravare le persone da mansioni faticose o pericolose, riducendo i rischi per la vita e la salute. Questo, a sua volta, aiuterà i dipendenti a evitare mansioni di routine e logoranti, e a mantenere incarichi più interessanti e meglio retribuiti (29%). Per il 28%, inoltre, uno dei compiti principali che i robot possono svolgere con successo è quello di creare un ambiente sicuro e ridurre la probabilità di incidenti dovuti a errori umani.

… ma aumenta i rischi informatici

Ma a causa della robotizzazione possono aumentare i rischi di cybersecurity.
La maggior parte degli intervistati in Italia (75%) ritiene che i robot possano essere violati, e il 46% è a conoscenza del verificarsi di incidenti di questo tipo nella propria azienda o in altre imprese locali. Gli intervistati sono invece divisi nella valutazione di quanto i robot siano protetti. Il 32% dei dipendenti ritiene che non siano state adottate misure di cybersecurity sufficienti a proteggere i robot nei diversi settori, mentre il 44% ritiene che siano state adottate misure di protezione sufficienti.
“I sistemi cyber-fisici utilizzano sempre più spesso i robot industriali per aumentare l’efficienza produttiva. Tuttavia, nuove tecnologie come queste comportano nuovi rischi informatici perché sono potenzialmente vulnerabili alle minacce informatiche”, commenta Andrey Strelkov, Head of Industrial Cybersecurity Product Line di Kaspersky.

Serve una defense-in-depth industrial network

“Prima di integrare i robot nella produzione è necessario garantire la sicurezza della rete e la solidità delle intrusioni – aggiunge Andrey Strelkov -. Non tutte le tecnologie moderne sono state progettate tenendo conto della sicurezza, quindi solo un sistema di protezione di defense-in-depth industrial network e piattaforme di monitoraggio multifunzionali garantiscono l’operatività ininterrotta dell’azienda. Soluzioni dedicate come Kaspersky Industrial Cybersecurity possono essere un efficiente strumento di protezione della robotica in produzione”.

Considerazioni per la ristrutturazione del bagno

Ristrutturare un bagno è sempre una esperienza piacevole, dato che si tratta di rifare il look ad uno degli ambienti più intimi e importanti di casa.

Soprattutto quando si affronta una ristrutturazione dunque, si ha la possibilità di effettuare determinate modifiche e variazioni che altrimenti non sarebbe stato possibile apportare.

Vediamo allora di seguito quali potrebbero essere le modifiche più interessanti da apportare nel tuo bagno, in relazione alle tue abitudini di utilizzo e necessità.

Le piastrelle

Se fino a qualche tempo fa era considerato normale piastrellare l’intero bagno, considera che oggi questa operazione è ritenuta fuori moda. Tantissime persone infatti, in sede di ristrutturazione, decidono di non piastrellare i bagni o quantomeno non farlo fino a 3,5 metri di altezza come si faceva in passato.

Al massimo oggi si tende a piastrellare non oltre gli 1,5 metri, dunque una superficie decisamente più limitata rispetto a quanto avveniva prima.

Tienine conto dunque, così da riuscire a dare al tuo nuovo bagno un design moderno ed in linea con quelle che sono le tendenze del momento.

La doccia

La doccia è chiaramente l’elemento principale di un bagno moderno, quello in grado di catturare gli sguardi.

Rispetto il passato si tende a preferire box doccia molto più spaziosi, con delle colonne idromassaggio e dei soffioni particolarmente grandi in grado di creare anche apposite cascate d’acqua.

C’è poi chi preferisce integrare nella propria doccia la cromoterapia per un effetto estetico ancora più sorprendente.

Chiaramente, se nel tuo vecchio bagno è ancora presente la vasca, fai bene a pensare di usufruire del servizio di sostituzione vasca con doccia per un cambio di look più deciso. Nessuno infatti oggi ad opera più la vasca, per una serie di motivi.

Il principale è che fare la doccia è molto più rapido rispetto a un bagno nella vasca, e dato che tutti oggi andiamo di fretta la doccia diventa la prima soluzione. In secondo luogo, riempire una vasca da bagno richiede una quantità d’acqua 10 volte superiore a quella di una doccia.

Dunque adoperando la doccia andremmo anche a risparmiare acqua e di conseguenza rispettare l’ambiente.

Rifare la pavimentazione

Puoi approfittare della ristrutturazione per sostituire tutte la vecchia pavimentazione con una nuova e più elegante.

Oggi esistono piastrelle e rivestimenti di ogni tipo e forma, sta a te scegliere quella che ritieni essere più adatta.

Determinati modelli in gres porcellanato sono inoltre perfettamente in grado di imitare le venature del legno ed offrire al tempo stesso il massimo della resistenza ai lavaggi e all’usura.

Sostituisci tubature e valvole

Soprattutto se il bagno che ti appresti a ristrutturare è alquanto datato, fai bene ad approfittare del cambio di piastrelle del pavimento per far sostituire le tubature e le valvole di apertura e chiusura.

Il rischio che qualcosa possa rompersi da lì a poco, soprattutto quando si hanno impianti così vecchi, è concreto e ti metterebbe davanti la necessità di dover smattonare di nuovo.

Meglio dunque stare tranquilli e sostituire le tubature vecchie con altre nuove e resistenti, così da avere la certezza che nessuna foratura o danneggiamento possa verificarsi negli anni a seguire.

 Anche la sostituzione delle valvole dell’acqua diventa importante perché in questa maniera potrai comandare in maniera molto più facile i flussi, cosa che invece diventa particolarmente difficile nel momento in cui le valvole sono vecchie e ossidate.

Sei pronto dunque a ristrutturare il bagno di casa tua? Scegli bene arredi e soluzioni per apportare quel tocco di personalizzazione che desideri.

Considera inoltre l’opportunità di sostituire le vecchie tubature con delle nuove e decidi se far rivestire solo parte delle pareti oppure se evitare del tutto.

Mercato Beauty: i trend globali arrivano in Italia

Uno studio di Ipsos sulle attitudini delle italiane verso i prodotti beauty rivela come le consumatrici italiane oggi siano piuttosto esigenti, informate e attente ai prodotti che acquistano. Il 61% preferisce prodotti con ingredienti naturali, il 66% considera efficace un prodotto che sia testato clinicamente, e sempre più consumatrici leggono le etichette, con particolare riferimento alla lista degli ingredienti (51%). Di fatto, la pandemia ha accelerato alcune tendenze nel mondo del beauty, e alcuni trend, come ad esempio, la tensione verso la sicurezza e la ricerca di quanto è ‘buono’ per l’ambiente e noi stessi, arrivano anche in Italia. Ma a emergere è anche una rinnovata cura di sé a livello fisico e mentale, accompagnata dal desiderio di leggerezza che si traduce in voglia di divertirsi con la bellezza.

La bellezza passa dalla salute

Sette donne su 10 affermano poi che la bellezza passa innanzitutto dalla salute. Un benessere perseguibile anche attraverso vere e proprie beauty routine. Guardando ai dati di mercato, si nota come questa tendenza si rifletta anche nei comportamenti d’acquisto. Le consumatrici (40%) si mostrano propense a favorire i brand che suggeriscono come creare una routine attraverso la combinazione di più prodotti, ma al tempo stesso richiedono semplificazione: il 60% desidera utilizzare prodotti beauty che permettano di risparmiare tempo. In questo caso, per i beauty brand, è bene lavorare sul proprio purpose. I prodotti beauty devono essere virtuosi e devono soddisfare, oltre a esigenze funzionali, anche bisogni più emozionali, agendo sul benessere e contribuendo a migliorare la vita delle persone in senso olistico e semplificatorio.

Sostenibilità e sicurezza

Nonostante la forte attenzione al mondo bio e naturale, è necessario che i beauty brand portino avanti anche il concetto di ‘sicuro’ dei propri prodotti. I beauty brand devono avere coscienza del fatto che la sostenibilità è un tema rilevante per i consumatori, ma per aiutare i brand a crescere bisogna veicolare il giusto messaggio con autenticità. La maggiore disponibilità di tempo, sperimentata durante la pandemia, ha portato poi le persone a dedicare più tempo a sé stesse rivalutando i propri bisogni, facendo affermare la concezione di bellezza olistica, dove estetica si coniuga al benessere. Quindi, una cura di sé a 360 gradi, sia a livello fisico sia mentale.

Divertimento e Male Beauty

Ma il mondo beauty è anche un territorio fertile per portare in vita istanze di sperimentazione, leggerezza e divertimento, perché rappresenta un ambito gratificante e consolatorio. Si fanno spazio quindi esperienze plurisensoriali, dove la dimensione del gioco è sempre più valorizzata. I dati Ipsos rivelano inoltre che più della metà degli uomini utilizza prodotti beauty. Tra le principali motivazioni, la voglia di prendersi cura di sé e migliorare il proprio aspetto. Il 15% però non li ha mai utilizzati e non ha intenzione di utilizzarli in futuro. Una resistenza che cresce soprattutto tra gli over60. Le principali barriere? La percezione di non bisogno, la sensazione di sminuita mascolinità e la scarsa conoscenza dei benefici. 

Quando è obbligatorio installare le linee vita sul tetto?

Per linea vita da tetto si intende un sistema di sicurezza che prevede almeno due punti di ancoraggio collegati tra loro mediante un cavo in tensione, realizzato in acciaio inossidabile.

Gli operatori che effettuano dunque i lavori loro assegnati ad alta quota possono agganciare i propri dispositivi di protezione individuale alle linee vita, avendo in questa maniera sempre un punto di ancoraggio sicuro in caso di caduta.

Più operai possono collegarsi alla stessa linea vita, ed in questa maniera essi possono camminare tranquillamente sul tetto dell’edificio per svolgere le proprie mansioni senza la paura di poter cadere verso il basso.

Grazie a questo tipo di soluzione, il numero di incidenti sul lavoro in Italia è diminuito drasticamente.

Quando va installata una linea vita?

L’installazione di una linea vita non è a discrezione del datore di lavoro, ma al contrario è il D.L. 81/2008 ad aver fornito le linee guida in merito.

Il cosiddetto Testo unico sulla sicurezza sul luogo di lavoro infatti, prevede che la linea vita vada installata laddove vi sia una altezza pari o superiore a 2 metri dal suolo ed una copertura che presenta determinati impianti o elementi che necessitano di frequente manutenzione.

Tali linee vita devono essere conformi alla Norma UNI EN 795 (2002), la quale regola tutto quel che riguarda i dispositivi di ancoraggio in Italia. In particolar modo vengono individuati quelli che sono i requisiti tecnici, le prove, le modalità d’uso e la marcatura.

Quali tipologie di lavori mettono a rischio i lavoratori ad alta quota?

Non c’è una unica tipologia di mansione in grado di mettere a rischio la sicurezza dei lavoratori, ma al contrario vi sono più situazioni che possono costituire un pericolo e mettere a repentaglio l’incolumità di chi, a qualsiasi titolo, è chiamato a lavorare ad alta quota.

Parliamo in particolare di quanti montano o utilizzano dei ponteggi ad esempio, e che hanno necessità di mettersi in sicurezza nel caso in cui dovesse verificarsi una ipotetica caduta verso il basso o passo falso con conseguente perdita di equilibrio.

Lo stesso avviene con quanti hanno necessità di adoperare una scala e raggiungere una altezza superiore ai due metri.

Ci sono poi coloro i quali lavorano su piattaforme e cestelli, che possono raggiungere anche altezze notevoli, e tutti quei lavoratori che adoperano le funi per potersi calare dal tetto e posizionarsi sulla facciata degli edifici per poter effettuare determinati lavori.

A questi si aggiungono chiaramente anche tutti quei professionisti che a vario titolo hanno necessità di accedere al tetto di un edificio per effettuare lavori di manutenzione di vario tipo come ad esempio quelli all’antenna della tv, alle tegole o altre parti della copertura, al comignolo del camino o ad altri tipi di impianti (ad esempio i pannelli fotovoltaici o quelli solari per il riscaldamento dell’acqua sanitaria) che possono essere installati sul tetto.

Quali dispositivi vengono adoperati per evitare che i lavoratori possano cadere verso il basso?

Fondamentalmente, i dispositivi più adoperati tra quelli che consentono ai lavoratori di non cadere verso il basso, sono 3.

Parliamo delle imbracature, ovvero dispositivi di protezione individuale composti da elementi quali cinghie e bretelle, cosciali, supporti per la schiena ed elementi di attacco per la linea vita.

Ci sono poi i collegamenti, ovvero quegli elementi (di solito delle funi molto resistenti) che hanno il compito di connettere il sistema di imbracatura con la linea vita tetto.

Abbiamo poi infine i punti di ancoraggio, appunto le linee vita tetto, che rappresentano un punto sicuro e resistente cui ancorarsi per avere la certezza di non cadere verso il basso se si dovesse presentare tale evenienza.

Lavoro: il 21% dei profili IT riceve almeno 2 offerte a settimana

Secondo lo studio commissionato da Codemotion a InTribe, e presentato durante l’evento HRmeetsDev, tra le motivazioni per cambiare posto di lavoro il 32% dei lavoratori del settore IT cita la formazione continua (41%), seguita da progetti interessanti (38%), e l’allineamento con la vision aziendale (33%). Ma perché cambiare lavoro? I profili con competenze nell’Information Technology sono sempre più richiesti dalle aziende: il perimetro dell’occupazione per questi profili si sta decisamente allargando. E se un professionista IT su tre è già pronto a cambiare lavoro nei prossimi 6 mesi, il 21% riceve almeno due offerte di lavoro a settimana.

I Data Scientist ricevono più offerte

I più propensi a cambiare lavoro sono i DevOps, le figure professionali che aiutano un’organizzazione a sviluppare in modo più rapido ed efficiente prodotti e servizi software, mentre i Data Scientist sono i lavoratori che ricevono più offerte. Molto meno rilevante, secondo la ricerca, è la Ral, ovvero la retribuzione annua lorda, indicata dal 23% degli IT. Oltre una azienda su 2 offre infatti mediamente meno di 40 mila euro annui, una cifra per la quale solo il 36% è disposto a cambiare lavoro. L’allineamento tra richiesta e offerta, inoltre, si riduce al crescere della competenza degli IT. Dallo studio emerge anche che il 53% dei lavoratori del settore riceve diverse offerte al mese: il 32% fino a 10 e il 21% almeno due a settimana, di cui il 6% almeno una al giorno. I settori più desiderati? Trasporti, gaming, IT e servizi informativi.

“Allineare l’offerta economica alle richieste dei candidati”

“L’indagine evidenzia come la maggioranza dei professionisti IT sia soddisfatta del proprio lavoro, ma emerge anche una fetta consistente che sta già cercando nuove opportunità o lo farà a breve – ha commentato Chiara Russo, ceo e co-founder di Codemotion -. Per attrarre questi talenti un primo passo è allineare l’offerta economica alle richieste dei candidati, ma competere sulla Ral non basta: è fondamentale sapersi raccontare, costruire un’identità aziendale tech e un ambiente di lavoro che offra a sviluppatori e profili IT ciò che realmente cercano, cioè progetti stimolanti, possibilità di formazione continua e crescita professionale, e valori aziendali in cui riconoscersi”.

Un evento per interfacciare i talenti tech con le HR

HRmeetsDev (HMD) è l’evento che rivoluziona il modo in cui le Risorse Umane si interfacciano con i talenti tech, riporta Adnkronos. L’evento promuove infatti l’incontro tra Risorse Umane e professionisti IT. La comunicazione degli HR e delle aziende risulta spesso inefficiente e distante dalle necessità degli sviluppatori. Per questo, in meno di un anno, oltre 600 aziende hanno partecipato a questi eventi e stanno cambiando il loro approccio ad attraction, recruiting e retention delle figure tech.

Le imprese green affrontano meglio le crisi: ecco perchè

La green economy accelera nel nostro Paese, portandolo a livelli di leadership. Sono infatti oltre 531 mila le aziende che nel quinquennio 2017-2021 hanno deciso di investire in tecnologie e prodotti green: il 40,6% delle imprese nell’industria ha investito, valore che sale al 42,5% nella manifattura. Guardando alle performance economiche è possibile comprendere anche le ragioni che spingono le imprese a investire in prodotti e tecnologie verdi. Le imprese eco-investitrici sono infatti più dinamiche sui mercati esteri rispetto a quelle che non investono (il 35% delle prime prevede un aumento nelle esportazioni nel 2022 contro un più ridotto 26% di quelle che non hanno investito) percentualmente aumentano di più il fatturato (49% contro 39%) e le assunzioni (23% contro 16%). Lo rivela il tredicesimo Rapporto GreenItaly di Fondazione Symbola e Unioncamere

In crescita anche l’occupazione nel settore

Nel 2021 l’occupazione green non è stata in grado di differenziare il proprio andamento rispetto alla dinamica occupazionale generale, interrompendo il trend di crescita riscontrato negli ultimi anni. I contratti relativi ai green jobs – con attivazione 2021- rappresentano il 34,5% dei nuovi contratti previsti nell’anno. Andando nello specifico delle figure ricercate dalle aziende per le professioni di green jobs, emerge una domanda per figure professionali più qualificate ed esperte in termini relativi rispetto alle altre figure, che si rispecchia in una domanda di green jobs predominante in aree aziendali ad alto valore aggiunto. A fine anno gli occupati che svolgono una professione di green job erano pari a 3.095,8 mila unità, di cui 1.017,8 mila unità al Nord-Ovest (32,9% del totale green nazionale), 741,2 mila nel Nord-Est (23,9%), 687,9 mila unità nel Mezzogiorno (22,2%) e le restanti 648,8 mila al Centro (21%).

Campioni di economia circolare

L’Italia è leader nell’economia circolare con un avvio a riciclo sulla totalità dei rifiuti – urbani e speciali – del 83,4% (2020): un risultato ben superiore alla media europea (53,8%) e a quella degli altri grandi Paesi come Germania (70%), Francia (64,5%) e Spagna (65,3%). A sottolineare il potenziale dell’Italia nella valorizzazione di materia a fine vita, anche il quarto posto al mondo come produttore di biogas – da frazione organica, fanghi di depurazione e settore agricolo – dopo Germania, Cina e Stati Uniti. Nel biennio 2020-2021 si è inoltre verificato un inatteso consolidamento della capacità di riciclo industriale dell’Italia – specialmente nel comparto cartario – che ha visto in tutti i settori incrementare, anche in maniera importante, la quota di materie seconde impiegate. Un eccellente risultato per la transizione ecologica e lo sviluppo di un’economia sempre più circolare. Tuttavia, in alcuni settori l’Italia deve ancora far ampio affidamento sulle importazioni di materia seconda dall’estero. 

Pagamenti digitali: che sistema usano i giovani?

Negli ultimi anni è arrivato il boom delle app di pagamento, conosciute dal 96% dei giovani, e utilizzate da quasi due terzi (62%), contro il 56% di tutta la popolazione. Il 90% dei giovani, e l’85% nella fascia d’età compresa fra 18-30 anni, possiede anche una carta di debito, il 77% una prepagata e il 58% una carta di credito.  Ma tra gli under 30 iniziano a farsi strada anche i mobile payment/wallet, noti al 93% e utilizzati dal 37%. A questi si aggiunge il Buy Now Pay Later, conosciuto dal 60% e preso in considerazione per gli acquisti futuri dal 46%. È quanto emerge dall’Osservatorio Compass, condotto dalla società del credito al consumo del Gruppo Mediobanca. Sicurezza, praticità, comodità le caratteristiche più apprezzate

Bancomat o carte di debito preferite per acquisti nei punti vendita

Insomma, le nuove forme di pagamento conquistano i giovani. Ma se si parla di acquisti in un punto vendita fisico, in cima alle preferenze ci sono le carte di debito/bancomat (56% giovani e 63% totale). Al secondo posto, resistono i contanti (29%), utili specialmente nelle ‘microtransazioni’, al terzo le carte prepagate (25%), poi le app di pagamento (19%) e il mobile payment (16%). Quando si tratta, invece, di acquisti online, 4 under 30 su 10 (42%) preferiscono le carte di debito/bancomat, seguite dalle app di pagamento (38% e 43% sul totale) e dalle carte prepagate (34%). Il motivo? Da un sistema di pagamento i giovani pretendono tre caratteristiche: sicurezza, praticità, comodità.

Per abbigliamento, beni tecnologici e accessori meglio il Buy Now Pay Later

Si tratta di nuove forme di pagamento sempre più smart e tecnologiche. Il Buy Now Pay Laser, ad esempio, viene utilizzato soprattutto per acquistare abbigliamento (22%), beni tecnologici (21%) e accessori (18%). Circa la metà degli under 30 vorrebbe provare questa forma di dilazione in futuro, perché la considera un aiuto nei momenti in cui si concentrano più spese, e la ritengono vantaggiosa perché la si può usare per gli acquisti online facendo tutto da remoto.
Inoltre, ne apprezzano la possibilità di poter godere immediatamente del prodotto pagandolo successivamente, riporta Adnkronos, concedendosi uno sfizio ma senza indebitarsi.

“Strumenti sicuri, pratici, comodi, senza rischi né sorprese”

“Strumenti sicuri, pratici, comodi, senza rischi né sorprese: è questo che i giovani vogliono da un sistema di pagamento. In questo senso va letto il successo delle carte di pagamento tra gli under 30. Ora, con app, wallet e mobile payment – ha commentato Luigi Pace, Direttore Centrale Marketing & Innovation Compass – la strada della digitalizzazione dei pagamenti è segnata. Il Buy Now Pay Later, che ancora in Italia ha tanto potenziale di crescita, si inserisce in questo contesto aggiungendo un ulteriore tassello: la possibilità di dividere in più importi mensili il costo di acquisto di un prodotto, e soprattutto di farlo in modo semplice e comodo, senza nessun costo accessorio per il cliente, sia online sia nei negozi fisici”. 

Nuova priorità delle aziende tecnologiche? Dare più spazio alle donne

Le aziende, di qualunque settore, stanno iniziando a comprendere il valore delle pari opportunità, ovvero quanto possa essere una risorsa una forza lavoro diversificata. E le donne rientrano naturalmente in questo processo, anche nelle aziende hi-tech: tanto che un articolo di Deloitte prevede che entro la fine del 2022 la rappresentanza femminile nel settore tecnico sarà al 33%, un record di tutti i tempi.

Il ruolo del mentore

Nonostante questo passaggio, sopravvivono ancora alcuni ostacoli a rallentare l’accesso delle donne alla forza lavoro. Con le risorse e le linee guida appropriate, le aziende possono fortunatamente garantire alle donne le competenze necessarie per superare le difficoltà e intraprendere carriere professionali soddisfacenti. Il mentoring è una di queste risorse. È mentore una persona che in genere ha una professione o una formazione simile a quella dell’apprendista, la mente e con la quale condivide la saggezza e le competenze maturate, aiutandola a superare gli ostacoli e a compiere scelte decisionali fondamentali per la propria vita professionale. Il giusto mentore può aprire molte porte e diventare un punto di riferimento su cui fare affidamento a lungo termine. L’impatto della mentorship sulla soddisfazione professionale è imponente: il 40% delle donne cita la mancanza di mentoring come uno dei principali problemi del settore tecnologico, insieme alla carenza di modelli femminili e di opportunità di carriera.

Il successo di chi l’ha già fatto

In questo Acronis, azienda leader nella cyberprotection, può considerarsi pioniera e continuamente impegnata nell’ispirare e formare le donne in ambito tecnologico. Acronis ha infatti lanciato ufficialmente il programma di mentorship che ha coinvolto oltre 50 mentee in tutto il mondo. Il programma è parte dell’iniziativa #CyberWomen, che punta a identificare, formare, ispirare e guidare la generazione futura di leader femminili. Sono state individuate 50 donne dalle alte potenzialità, selezionandole tramite un processo di analisi delle prestazioni, che è stato inserito in un programma di mentoring offerto da 40 tra i leader aziendali: dirigenti e membri senior del consiglio di amministrazione e del comitato consultivo.Le prescelte riceveranno la guida di leader riconosciuti del settore, tra cui Paul Maritz, Presidente ed ex CEO di VMware, René Bonvanie, membro del consiglio di amministrazione ed ex CMO di Palo Alto Networks, e Philipp Rösler, ex vice cancelliere tedesco e tra i nostri consulenti.
“C’è un’evidente richiesta di mentoring: quando Acronis ha annunciato il programma per la prima volta, la mia casella postale è stata inondata di messaggi di donne intenzionate ad aderire all’iniziativa. I leader che vogliono offrire opportunità di mentorship alle donne dovrebbero iniziare a cercare all’interno della propria organizzazione le potenziali guide” ha spiegato Aliona Geckler, Chief of Staff e SVP of Business Operations di Acronis. “Non si tratta di spostare le responsabilità di un progetto come questo sui singoli dipendenti, ma avere supervisori e dirigenti donne disponibili a fornire orientamento e ad aiutare a districarsi nel mondo aziendale può essere molto utile. I rapporti uno a uno che si creano sono fondamentali per aiutare le nuove professioniste a tessere reti adeguate e competenze interpersonali, incluse la cura e l’attenzione al sé e un’aumentata fiducia nel luogo di lavoro”.

Aumenta il fabbisogno di competenze sulla sostenibilità

Nel quadro degli obiettivi dell’Agenda 2030 più della metà delle grandi e medie imprese cerca professionisti del settore in grado di comprendere i processi aziendali, individuarne i punti deboli, riorganizzare la gestione interna e pianificare la migliore strategia in un’ottica di efficientamento e sostenibilità. Secondo l’Osservatorio 4.Manager, Sustainability Manager, Environmental Manager, Governance Manager, Social Manager ed Energy Manager sono le figure più richieste nell’ultimo anno.
“Per affrontare uno scenario geopolitico e geoeconomico in tumultuoso cambiamento assistiamo a una crescita annuale pari al 5% della domanda di competenze manageriali con green skill sempre più precise”, dichiara Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager e 4Manager.

Una strategia di trasformazione di lungo periodo

Il 58% delle grandi e medie imprese (Gmi) e il 40% delle piccole hanno elaborato una strategia di trasformazione di lungo periodo per diventare sostenibili. Le medie e grandi imprese più orientate all’innovazione e alla trasformazione sostenibile sono quelle che negli ultimi tre anni hanno assunto manager (83%), lavoratori con elevate competenze tecniche (87%) e scientifiche (77%), e che hanno incrementato le risorse per la formazione di manager (73%), lavoratori con elevate competenze scientifiche (75%) e tecniche (78%). I principali fattori di attrito alla crescita e allo sviluppo delle imprese sono la difficoltà di reperimento delle competenze sul mercato del lavoro (35%), gli ostacoli di natura normativa o burocratica (31%), e la carenza di competenze manageriali interne (23%).

Sustainability Manager cercasi

“L’Italia deve strutturare un piano che analizzi oggettivamente come rispondere alla crescente domanda di approvvigionamento energetico – continua Cuzzilla – contemperando le esigenze di produzione del sistema industriale, e quindi di crescita del Paese, con quelle di sostenibilità ambientale. È questa la transizione ecologica che auspichiamo nel solco del percorso intrapreso dal Pnrr e che necessita di precise competenze tecniche, scientifiche e manageriali”.
Negli ultimi dodici mesi sono quindi in forte crescita le qualifiche professionali del Sustainability Manager (il Coordinatore sostenibilità, +46%), e altre figure manageriali della sostenibilità più specialistiche (+38%) o di carattere consulenziale (+25%).

Bilanci, Responsabilità sociale, Ambiente, Finanza le competenze più richieste 

Le competenze più richieste, riferisce Adnkronos, riguardano ambiti quali Bilanci (+207%), Responsabilità sociale (+69%), Ambiente, salute, sicurezza (+59%), e Finanza (+42%).  Lo studio rivela poi un’evoluzione del tradizionale paradigma competitivo verso professionalità preparate sui temi Esg (Environmental-Social-Governance), continuamente formate e capaci di rispondere ai fabbisogni delle imprese. In particolare, aumento del volume di affari e della profittabilità attraverso lo sviluppo di business e sistema reputazionale, aumento delle opportunità finanziarie, quindi di accesso al credito, investimento, fiscalità, e potenziamento strutturale della competitività aziendale e delle relazioni con gli stakeholder.